16 Giugno 2015

Alla scoperta del Bursòn

[:it]DSC_0018di Nadia Fondelli – Uno dei vini italiani più interessanti ma sconosciuto ai più. Full immersion in questo autoctono e sorprendente romagnolo.

Senza tanti giri di parole è uno dei vini italiani più interessanti che ho assaggiato e non vi stupite se non avete mai sentito parlare del Bursòn perché nemmeno la sottoscritta, nonostante oltre venti anni “di girar per cantine” e gli esimi colleghi presenti alla “scoperta” mai avevamo sentito parlare di questo vitigno autoctono riscoperto nelle vallate della Romagna.

La storia di questo vino, come in tutte le favole che si rispettino, ha una nascita un po’ speciale. Antonio Longanesi trascorreva le sue giornate d’inverno in un capanno di caccia a cui era abbarbicata una vite selvatica sconosciuta che lo incuriosì per la dolcezza dei frutti e la capacità di mantenersi matura fino all’autunno.

Erano gli anni’50 del Novecento quando quella vite cominciò a crescere in vigna fino a divenire un vino impensabile per le pianure romagnole. Longanesi lo fece conoscere ai compaesani, la vite si moltiplicò e degli anni ’90 sono i primi esperimenti che portarono poi alla nascita del consorzio Il Bagnocavallo sotto la cui bandiera si riuniscono oggi i 27 produttori di Bursòn.

Siamo nella piana di Ravenna e circa 200 gli ettari vitati. L’uva che da Longanesi ha preso il nome, molto robusta e resistente si presta all’invecchiamento. Almeno cinque gli anni di riposo perfetti di cui almeno due in botte, preferibilmente tonneax.

Il Bursòn sorprende davvero innanzitutto per il colore vivace dall’inconfondibile violaceo che denota tutta la sua ricchezza in salutari polifenoli (addirittura 4300 in media contro i 1800 del Sangiovese!), ma soprattutto affascina per il gusto intenso, molto ampio e ricco con aromi di frutta a bacca rossa, pepe, tabacco, spezie e cacao.
I tannini non aggrediscono, ma avvolgono con eleganza al palato donando grande consistenza ed eleganza. Un vino sontuoso che può ricordare come stile, tanto per intenderci, l’Amarone per l’uso dell’appassimento.
Ne esistono di due tipi: etichetta blu senza appassimento caratterizzato dalla freschezza e il campione assoluto ad etichetta nera.

Il Bursòn che ho scoperto nella sfida lanciata alla cucina toscana, ampiamente vinta, e in cui erano presenti anche il presidente del Consorzio Daniele Longanesi e l’enologo-creatore Sergio Ragazzini è un vino esportato al 60% pluripremiato dov’è tutta la passione e l’allegria della Romagna e dove i produttori sono ancora contadini dalle mani grosse e non manager in colletto bianco.

Onore al Bursòn e buona degustazione a chi avrà voglia di scoprire qualcosa di nuovo![:en]DSC_0018di Nadia Fondelli – Uno dei vini italiani più interessanti ma sconosciuto ai più. Full immersion in questo autoctono e sorprendente romagnolo.

Senza tanti giri di parole è uno dei vini italiani più interessanti che ho assaggiato e non vi stupite se non avete mai sentito parlare del Bursòn perché nemmeno la sottoscritta, nonostante oltre venti anni “di girar per cantine” e gli esimi colleghi presenti alla “scoperta” mai avevamo sentito parlare di questo vitigno autoctono riscoperto nelle vallate della Romagna.

La storia di questo vino, come in tutte le favole che si rispettino, ha una nascita un po’ speciale. Antonio Longanesi trascorreva le sue giornate d’inverno in un capanno di caccia a cui era abbarbicata una vite selvatica sconosciuta che lo incuriosì per la dolcezza dei frutti e la capacità di mantenersi matura fino all’autunno.

Erano gli anni’50 del Novecento quando quella vite cominciò a crescere in vigna fino a divenire un vino impensabile per le pianure romagnole. Longanesi lo fece conoscere ai compaesani, la vite si moltiplicò e degli anni ’90 sono i primi esperimenti che portarono poi alla nascita del consorzio Il Bagnocavallo sotto la cui bandiera si riuniscono oggi i 27 produttori di Bursòn.

Siamo nella piana di Ravenna e circa 200 gli ettari vitati. L’uva che da Longanesi ha preso il nome, molto robusta e resistente si presta all’invecchiamento. Almeno cinque gli anni di riposo perfetti di cui almeno due in botte, preferibilmente tonneax.

Il Bursòn sorprende davvero innanzitutto per il colore vivace dall’inconfondibile violaceo che denota tutta la sua ricchezza in salutari polifenoli (addirittura 4300 in media contro i 1800 del Sangiovese!), ma soprattutto affascina per il gusto intenso, molto ampio e ricco con aromi di frutta a bacca rossa, pepe, tabacco, spezie e cacao.
I tannini non aggrediscono, ma avvolgono con eleganza al palato donando grande consistenza ed eleganza. Un vino sontuoso che può ricordare come stile, tanto per intenderci, l’Amarone per l’uso dell’appassimento.
Ne esistono di due tipi: etichetta blu senza appassimento caratterizzato dalla freschezza e il campione assoluto ad etichetta nera.

Il Bursòn che ho scoperto nella sfida lanciata alla cucina toscana, ampiamente vinta, e in cui erano presenti anche il presidente del Consorzio Daniele Longanesi e l’enologo-creatore Sergio Ragazzini è un vino esportato al 60% pluripremiato dov’è tutta la passione e l’allegria della Romagna e dove i produttori sono ancora contadini dalle mani grosse e non manager in colletto bianco.

Onore al Bursòn e buona degustazione a chi avrà voglia di scoprire qualcosa di nuovo![:]

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