Un salto a tavola, nel buio

[:it]Metti un gin artigianale più unico e raro, un bel casolare della campagna toscana con una micro distilleria, una serata estiva malandrina con l’orizzonte che promette pioggia e sei giornalisti ingannati a tavola.
Cronaca di una serata speciale voluta e sceneggiata da Podere Castellare con Kitchen Wishes e la complicità di una giornalista che, beffardamente ha ingannato altri colleghi.

Una cena speciale ad occhi chiusi per immergersi in altra dimensione.
Una dimensione dove, escludendo la vista, si sviluppano ed esaltano gli altri quattro sensi.
Sensazioni tattili, uditive, odorose e soprattutto emozionali che hanno trasportato dei professionisti abituati a lavorare con la vista alla totale oscurità per oltre due ore.

Tutto inizia sulla splendida aia terrazzata di questo eco resort  incastonato sul crinale che risalendo dalla vallata dell’Arno già profuma di foresta in direzione Consuma e Casentino.
La regia è perfetta e gli attori protagonisti della serata dopo il ciack e un girotondo giocoso e allo stesso tempo propiziatorio come in un rito pagano, bendano gli ospiti. Giornalisti compresi.

Quasi uno schock, ma la sfida è intrigante. Stare in silenzio e cercare di raccontare ad occhi chiusi.

Sento subito i sospiri di paura di alcuni, le mani insicure che cercano la spalle del vicino per trovare sicurezza, l’alito di vento che profuma di pioggia che si insinua fra bende e capelli, i chiacchiericci forzosi per darsi coraggio e le scuse incredibili per sbendarsi.

Ma stare al gioco è la scelta migliore, sapendo bene che una cena al buio è davvero impegnativa.
Cerchiamo di tacere.
Avverto l’ampiezza degli spazi subito sopra le mie spalle come se si aprisse la campagna portandosi con se quel venticello che promette pioggia, profumi di cipresso, di lavanda e di paglia.
I rumori sono quelli del tramonto quando la nostra “guida” sbendata prende (immagino) per mano il primo componente del nostro impacciato trenino. Ma i rumori del tramonto sono un invenzione della mia mente che mescola odori, sensazioni di calore e suggestioni oniriche.
Saliamo e scendiamo per terreni instabili e di pendenze diverse. Sotto i piedi ora pietra, ora sasso, ora brecciolino e poi scalini.
Si fa presto a dire scalini ma quanti e poi. In alto o in basso. Davvero complicato anche solo fare due passi bendati seppur guidati.

Mentre sono immersa nel mio pensiero mi ritrovo fra le mani un cucchiaino dall’odore intenso di ceci e la consistenza di una mousse. Intuisco sia humus di ceci mentre in bocca mi si avvicina anche una sottile e croccante porzione di pane Carasau e nell’altra un bicchierino profumato e fresco: è il gin di casa Peter of Florence facile intuirlo, meno lo è scovare nell’aromatizzazione il miele che smorza l’intensità dell’ananas.
Poi si riparte, si gira, si scende si sale e continuando a fidarci solo dal compagno di ventura avanti a noi che avverte “spigolo a destra, spostati a sinistra” fino a che dopo qualche urto e livido ci troviamo al tavolo e sediamo.
Il silenzio avvolge la sala. Doveroso per cogliere sensazioni. Leggere folate di vento indicano il passaggio di qualcuno e il leggero rumore di qualche suono sconosciuto amplificato dall’oscurità sembra chissà cosa.

La scena principale parte.
Azzardo allungare le mani davanti a me e intuisco un sottopiatto naturale di foglie essiccate, lo alzo lo porto al naso scoprendo che, animalascamente, in certe situazioni il naso è il compagno più fidato e non avverto odori particolari. Poi le mie mani si allargano oltre il piatto a destra e sinistra per scovare se nell’apparechiatura è previsto il bicchiere. Urto le spalle del compagno sconosciuto alla mia sinistra e ci salutiamo mentre il suo sorriso lo avverto a pochi centimetri dal mio braccio; a destra trovo il braccio e le mani della collega fidata compagna di tante avventure e ci rassicuriamo a vicenda. Trovo la base e il gambo di un flute, lo faccio ondeggiare per intuirne il peso e capisco che dentro c’è del vino. La stessa scoperta la facciamo più o meno tutti nello stesso monento al mio tavolo ed azzardiamo un brindisi.
Ridiamo per sdrammatizzare senza avvertire schizzi. Forse non ci siamo neanche macchiati, ma certamente portare lindi al dessert gli abiti non sarà facile.

Tanti odori compaiono e scompaiono vicino alle nostre narici. Un marchio di fabbrica della casa dato che il gin di casa è un enciclopedia di essenze anche strane e poco praticate e la cena sarà tutta così. Conoscere, riconoscere e perchè no scoprire il bergamotto, il coriandolo, la rosa canina, i grani del paradiso, il ginepro, l’iris, l’angelica, la lavanda, le mandorle amare e il carcamono.
Iniziamo con una mousse di ricotta fresca dove dentro sentiamo qualcosa di forte e boscoso. E’ ginepro azzarda qualcuno, indovinandoci.

I protagonisti avverto che girano fra i nostri tavoli toccandoci, sfiorandoci, massaggiandoci e annusandoci con leggiadria. Ora sotto il naso un odore, ora sulle mani la carezza fatta con qualche foglia e poi la mano viene tuffata in un cesto pieno di pour to pourri dove sono tante bacche. Ne prendiamo alcune portandole al naso, ma il loro odore mi è sconosciuto. Sulla strada giusta mi porta la leggera bucatura di una piccola spina. E’ un bocciolo di rosa, lo sfoglio lo apro, cerco i semi al suo interno per schiacciarli coi denti ben sapendo che se sento una sensazione acida simile al limone sarà rosa canina e così è.
Un sapore pungente ma delicato che ritrovo subito nella zuppa tiepida e dolce di patate che assaggio. Difficilissimo però mangiare una zuppa, in una piccola ciotola con un cucchiaio al buio!

Passa il tempo ma lentamente. Fra una portata e l’altra il tempo si dilata. Solo una sensazione. Stare seduti a un tavolo senza vedere, senza sapere dove mettere le mani e possibilmente tacendo è davvero dura.
Un collega è lì vicino che sbuffa, sospira, si agita e poi sbotta. Lui non ce la fa, si alza e si sbenda…
Ma io resisto anche se l’invocazione al silenzio per vivere sensazioni e rumori impercettibili che chiedo alla sala si perde nelle chiacchiere da pizzeria di famiglia fra una discussione sull’asilo di Leonida e la scelta su quale delle due strade per le vacanze è più comodo percorrere.
Mi disturbano. Non stanno godendosi l’esperienza indimenticabile di una sera speciale e soprattutto con la loro caceria becera non permettono di viverla agli altri.
Poi arrivano nel piatto dei chicchi caldi e profumati di cipolla delicata. Ma anche qui sono certa si nasconde qualche spezia o erba che non riconosco…
E così si va avanti fra improvvisi brusii, aria calda vicino alle orecchie, foglie che ti accarezza ti toccano e ti avvolgano; cibi scoperti con le mani e il naso e sapori resi speciali dall’oscurità.

Una serata difficile da dimenticare splendidamente orchestrata dal cast perfetto di Kitchen Whishes. Non una cena ma un esperienza sensoriale ed emozionale vera nonostante Leonida e la statale.
Una cena speciale che insegna anche a noi che per mestiere usiamo molto la vista che è bello e incredibile pote raccontare anche solo con le emozioni percepite.
E se in esse c’era anche paura e disagio tanto meglio.

A cena finita e sbendatura avvenuta scoppiamo a ridere, ci guardiamo in faccia con il trucco colato e l”espressione del risveglio mattutino e ci guardiamo con occhi diversi.
Scopriamo il mondo accanto a noi, la sala, la faccia degli altri commensali, cerchiamo di intuire chi possa aver detto e cosa e chiediamo il menù completo nella certezza che almeno abbiamo beccato tutti i vini!

Abbiamo mangiato:
carasau croccante
hummus di ceci
drink al cocco e gin con miele
crostino con mousse di ricotta al ginepro
crema di patate con rosa canina al gin
orzotto con base cipolla e pecorino, spolverato di radice di iris
pane caldo alla lavanda con olio
uovo poché con spinaci in tre modi (crudi, saltati e in crema) e pane fritto al cardamomo
crumble al rosmarino e cucchiaino di gin
creme caramel alla cassia

 

foto: Luca Managlia[:en] 

Metti un gin artigianale più unico e raro, un bel casolare della campagna toscana con una micro distilleria, una serata estiva malandrina con l’orizzonte che promette pioggia e sei giornalisti ingannati a tavola.
Cronaca di una serata speciale voluta e sceneggiata da Podere Castellare con Kitchen Wishes e la complicità di una giornalista che, beffardamente ha ingannato altri colleghi.

Una cena speciale ad occhi chiusi per immergersi in altra dimensione.
Una dimensione dove, escludendo la vista, si sviluppano ed esaltano gli altri quattro sensi.
Sensazioni tattili, uditive, odorose e soprattutto emozionali che hanno trasportato dei professionisti abituati a lavorare con la vista alla totale oscurità per oltre due ore.

Tutto inizia sulla splendida aia terrazzata di questo eco resort  incastonato sul crinale che risalendo dalla vallata dell’Arno già profuma di foresta in direzione Consuma e Casentino.
La regia è perfetta e gli attori protagonisti della serata dopo il ciack e un girotondo giocoso e allo stesso tempo propiziatorio come in un rito pagano, bendano gli ospiti. Giornalisti compresi.

Quasi uno schock, ma la sfida è intrigante. Stare in silenzio e cercare di raccontare ad occhi chiusi.

Sento subito i sospiri di paura di alcuni, le mani insicure che cercano la spalle del vicino per trovare sicurezza, l’alito di vento che profuma di pioggia che si insinua fra bende e capelli, i chiacchiericci forzosi per darsi coraggio e le scuse incredibili per sbendarsi.

Ma stare al gioco è la scelta migliore, sapendo bene che una cena al buio è davvero impegnativa.
Cerchiamo di tacere.
Avverto l’ampiezza degli spazi subito sopra le mie spalle come se si aprisse la campagna portandosi con se quel venticello che promette pioggia, profumi di cipresso, di lavanda e di paglia.
I rumori sono quelli del tramonto quando la nostra “guida” sbendata prende (immagino) per mano il primo componente del nostro impacciato trenino. Ma i rumori del tramonto sono un invenzione della mia mente che mescola odori, sensazioni di calore e suggestioni oniriche.
Saliamo e scendiamo per terreni instabili e di pendenze diverse. Sotto i piedi ora pietra, ora sasso, ora brecciolino e poi scalini.
Si fa presto a dire scalini ma quanti e poi. In alto o in basso. Davvero complicato anche solo fare due passi bendati seppur guidati.

Mentre sono immersa nel mio pensiero mi ritrovo fra le mani un cucchiaino dall’odore intenso di ceci e la consistenza di una mousse. Intuisco sia humus di ceci mentre in bocca mi si avvicina anche una sottile e croccante porzione di pane Carasau e nell’altra un bicchierino profumato e fresco: è il gin di casa Peter of Florence facile intuirlo, meno lo è scovare nell’aromatizzazione il miele che smorza l’intensità dell’ananas.
Poi si riparte, si gira, si scende si sale e continuando a fidarci solo dal compagno di ventura avanti a noi che avverte “spigolo a destra, spostati a sinistra” fino a che dopo qualche urto e livido ci troviamo al tavolo e sediamo.
Il silenzio avvolge la sala. Doveroso per cogliere sensazioni. Leggere folate di vento indicano il passaggio di qualcuno e il leggero rumore di qualche suono sconosciuto amplificato dall’oscurità sembra chissà cosa.

La scena principale parte.
Azzardo allungare le mani davanti a me e intuisco un sottopiatto naturale di foglie essiccate, lo alzo lo porto al naso scoprendo che, animalascamente, in certe situazioni il naso è il compagno più fidato e non avverto odori particolari. Poi le mie mani si allargano oltre il piatto a destra e sinistra per scovare se nell’apparechiatura è previsto il bicchiere. Urto le spalle del compagno sconosciuto alla mia sinistra e ci salutiamo mentre il suo sorriso lo avverto a pochi centimetri dal mio braccio; a destra trovo il braccio e le mani della collega fidata compagna di tante avventure e ci rassicuriamo a vicenda. Trovo la base e il gambo di un flute, lo faccio ondeggiare per intuirne il peso e capisco che dentro c’è del vino. La stessa scoperta la facciamo più o meno tutti nello stesso monento al mio tavolo ed azzardiamo un brindisi.
Ridiamo per sdrammatizzare senza avvertire schizzi. Forse non ci siamo neanche macchiati, ma certamente portare lindi al dessert gli abiti non sarà facile.

Tanti odori compaiono e scompaiono vicino alle nostre narici. Un marchio di fabbrica della casa dato che il gin di casa è un enciclopedia di essenze anche strane e poco praticate e la cena sarà tutta così. Conoscere, riconoscere e perchè no scoprire il bergamotto, il coriandolo, la rosa canina, i grani del paradiso, il ginepro, l’iris, l’angelica, la lavanda, le mandorle amare e il carcamono.
Iniziamo con una mousse di ricotta fresca dove dentro sentiamo qualcosa di forte e boscoso. E’ ginepro azzarda qualcuno, indovinandoci.

I protagonisti avverto che girano fra i nostri tavoli toccandoci, sfiorandoci, massaggiandoci e annusandoci con leggiadria. Ora sotto il naso un odore, ora sulle mani la carezza fatta con qualche foglia e poi la mano viene tuffata in un cesto pieno di pour to pourri dove sono tante bacche. Ne prendiamo alcune portandole al naso, ma il loro odore mi è sconosciuto. Sulla strada giusta mi porta la leggera bucatura di una piccola spina. E’ un bocciolo di rosa, lo sfoglio lo apro, cerco i semi al suo interno per schiacciarli coi denti ben sapendo che se sento una sensazione acida simile al limone sarà rosa canina e così è.
Un sapore pungente ma delicato che ritrovo subito nella zuppa tiepida e dolce di patate che assaggio. Difficilissimo però mangiare una zuppa, in una piccola ciotola con un cucchiaio al buio!

Passa il tempo ma lentamente. Fra una portata e l’altra il tempo si dilata. Solo una sensazione. Stare seduti a un tavolo senza vedere, senza sapere dove mettere le mani e possibilmente tacendo è davvero dura.
Un collega è lì vicino che sbuffa, sospira, si agita e poi sbotta. Lui non ce la fa, si alza e si sbenda…
Ma io resisto anche se l’invocazione al silenzio per vivere sensazioni e rumori impercettibili che chiedo alla sala si perde nelle chiacchiere da pizzeria di famiglia fra una discussione sull’asilo di Leonida e la scelta su quale delle due strade per le vacanze è più comodo percorrere.
Mi disturbano. Non stanno godendosi l’esperienza indimenticabile di una sera speciale e soprattutto con la loro caceria becera non permettono di viverla agli altri.
Poi arrivano nel piatto dei chicchi caldi e profumati di cipolla delicata. Ma anche qui sono certa si nasconde qualche spezia o erba che non riconosco…
E così si va avanti fra improvvisi brusii, aria calda vicino alle orecchie, foglie che ti accarezza ti toccano e ti avvolgano; cibi scoperti con le mani e il naso e sapori resi speciali dall’oscurità.

Una serata difficile da dimenticare splendidamente orchestrata dal cast perfetto di Kitchen Whishes. Non una cena ma un esperienza sensoriale ed emozionale vera nonostante Leonida e la statale.
Una cena speciale che insegna anche a noi che per mestiere usiamo molto la vista che è bello e incredibile pote raccontare anche solo con le emozioni percepite.
E se in esse c’era anche paura e disagio tanto meglio.

A cena finita e sbendatura avvenuta scoppiamo a ridere, ci guardiamo in faccia con il trucco colato e l”espressione del risveglio mattutino e ci guardiamo con occhi diversi.
Scopriamo il mondo accanto a noi, la sala, la faccia degli altri commensali, cerchiamo di intuire chi possa aver detto e cosa e chiediamo il menù completo nella certezza che almeno abbiamo beccato tutti i vini!

Abbiamo mangiato:
carasau croccante
hummus di ceci
drink al cocco e gin con miele
crostino con mousse di ricotta al ginepro
crema di patate con rosa canina al gin
orzotto con base cipolla e pecorino, spolverato di radice di iris
pane caldo alla lavanda con olio
uovo poché con spinaci in tre modi (crudi, saltati e in crema) e pane fritto al cardamomo
crumble al rosmarino e cucchiaino di gin
creme caramel alla cassia

 

foto: Luca Managlia

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Mercatale Val di Pesa: tutti al campionato della bistecca

[:it]Tutto pronto a Mercatale Val di Pesa per un evento imperdibile. Un evento assolutamente vietato a vegani e vegetariani che celebra la regina di Firenze: l’inimitabile bistecca alla fiorentina.

Maestri braciaioli, cuochi, macellai e soprattutto insaziabili buone forchette si sfideranno a Mercatale fra una folla di appassionati ed estimatori del succulento taglio alla toscana.
E’ la settima edizione quella in arrivo per il Campionato toscano della Bistecca, promosso dal Comune di San Casciano e dalla Pro Loco con il contributo di ChiantiBanca.

Una due giorni che promette scintille e non solo dalle braci quella in programma nella piazza Vittorio Veneto venerdì 15 e sabato 16 giugno con un programma di performances culinarie a colpi di cooking show e non solo.
Tanto spazio, e non potrebbe essere altrimenti, per le dimostrazioni di preparazione e cottura della carne a cura dei mastri braciaioli che sveleranno ad aspiranti e appassionati l’arte e i segreti della cottura sulla griglia.
Il momento clou del campionato sarà poi ovviamente la disfida fra i più grandi mangiatori di bistecca provenienti da ogni parte della Toscana.

“La manifestazione – spiega l’assessore all’Associazionismo Roberto Ciappi – è caratterizzata da un’ampia partecipazione della cittadinanza e dalla collaborazione dei macellai, dei commercianti e delle aziende locali; per l’occasione abbiamo messo a punto una ricetta inedita, la “mercatalina”, che presenta la bistecca sotto forma di corposo involtino tenuto fermo da rami di cipresso, disteso su crosta di pane e insaporito da pepe nero e noci; anche in questo caso il segreto è la cottura e l’altezza della bistecca che non deve superare i due centimetri”.

Il alto le forchette e l’invito a “carnivori” e appassionati della regina toscana della tavola è di correre a Mercatale per imparare vizi (pochi), virtù (tante) e segreti (alcuni) dell’inimitabile bistecca alla fiorentina.[:en]Tutto pronto a Mercatale Val di Pesa per un evento imperdibile. Un evento assolutamente vietato a vegani e vegetariani che celebra la regina di Firenze: l’inimitabile bistecca alla fiorentina.

Maestri braciaioli, cuochi, macellai e soprattutto insaziabili buone forchette si sfideranno a Mercatale fra una folla di appassionati ed estimatori del succulento taglio alla toscana.
E’ la settima edizione quella in arrivo per il Campionato toscano della Bistecca, promosso dal Comune di San Casciano e dalla Pro Loco con il contributo di ChiantiBanca.

Una due giorni che promette scintille e non solo dalle braci quella in programma nella piazza Vittorio Veneto venerdì 15 e sabato 16 giugno con un programma di performances culinarie a colpi di cooking show e non solo.
Tanto spazio, e non potrebbe essere altrimenti, per le dimostrazioni di preparazione e cottura della carne a cura dei mastri braciaioli che sveleranno ad aspiranti e appassionati l’arte e i segreti della cottura sulla griglia.
Il momento clou del campionato sarà poi ovviamente la disfida fra i più grandi mangiatori di bistecca provenienti da ogni parte della Toscana.

“La manifestazione – spiega l’assessore all’Associazionismo Roberto Ciappi – è caratterizzata da un’ampia partecipazione della cittadinanza e dalla collaborazione dei macellai, dei commercianti e delle aziende locali; per l’occasione abbiamo messo a punto una ricetta inedita, la “mercatalina”, che presenta la bistecca sotto forma di corposo involtino tenuto fermo da rami di cipresso, disteso su crosta di pane e insaporito da pepe nero e noci; anche in questo caso il segreto è la cottura e l’altezza della bistecca che non deve superare i due centimetri”.

Il alto le forchette e l’invito a “carnivori” e appassionati della regina toscana della tavola è di correre a Mercatale per imparare vizi (pochi), virtù (tante) e segreti (alcuni) dell’inimitabile bistecca alla fiorentina.[:]

I marchi Dop e Igp traino per l’agroalimentare toscano: +70% negli ultimi dieci anni

I marchi Dop e Igp traino per l’agroalimentare toscano: +70% negli ultimi dieci anni

[:it]Negli ultimi dieci anni  i fatturati nazionali delle produzioni agroalimentari che coniugano qualità e territorio (marchi Dop e Igp) sono cresciuti del 70%, l’export, addirittura del 143%.
E la Toscana ha fatto la sua parte con le sue 89 indicazioni geografiche su 818 (31 del comparto cibo, 58 legate al vino).
Sono questi alcuni dei dati più significativi emersi nel corso del workshop dedicato a “Indicazioni geografiche e sviluppo del territorio”, promosso dalla rete rurale di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), con la collaborazione della Regione Toscana.

Un appuntamento, quello che si è svolto a Palazzo Strozzi Sacrati,  che ha permesso da una parte una analisi su  tutto il percorso delle indicazioni geografiche che, avviato da tempo, sta dando risultati importanti,  e dall’altra un confronto a tutto campo tra istituzioni, tecnici, esperti, presidenti di Consorzi. Obiettivo: accompagnare e sostenere lo sviluppo conquistando nuove fette di mercato e connettendo in misura sempre maggiore i marchi con i gli enti pubblici e le collettività che vi operano.

“La sfida delle indicazioni geografiche è esattamente la nostra: cioè quella di tenere insieme la qualità dei prodotti e dei processi, certificata da un disciplinare di produzione con la storia, la cultura, la tradizione del territorio che lo esprime” ha evidenziato l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi.

“I marchi Dop e Igp – ha proseguito – sono un traino importante per tutta l’economia locale che può fruirne direttamente, con i produttori locali, o investendo in attività connesse al turismo o ai servizi. La giornata di oggi è quindi estremamente utile per dare indicazioni preziose e aumentare anche l’efficacia delle politiche pubbliche orientate verso il settore.  I dati che ci sono stati mostrati sono incoraggianti: questa scelta va quindi sostenuta e rafforzata.  Il tutto tenendo sullo sfondo, ma ben presente, anche una preoccupazione, legata alle prime indicazioni che ci vengono da Bruxelles sulla Pac post 2020.  I tagli ipotizzati (intorno al 17%) potrebbero incidere pesantemente sulle politiche regionali future anche in quest’ambito. E’ necessario che tutti gli attori coinvolti si facciano sentire per modificare questa impostazione”.

Dop e Igp: i dati nazionale e regionali
In Italia le Dop (Denominazione di orgine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) sono 818: di queste 295 riguardano l’area “cibo” mentre la maggioranza (523) è dei marchi connessi al vino. Negli ultimi dieci anni queste indicazioni geografiche sono aumentate del 40% (erano  584 nel 2007).

Notevole anche il giro di affari: il fatturato  di Dop e Igp è stimato da Ismea in 14,8  miliardi di euro così distribuiti: 6,6 per l’area cibo e 8,2 per quella vino.  Numeri che hanno permesso di allargare il peso complessivo del fatturato di queste produzioni su quello generale: ora è pari all’11%. Una cifra che si raddoppia (22%) se si prende in considerazione il solo export: è oltre frontiera che vengono destinate quote molto significative delle produzioni provenienti da indicazioni geografiche: 8,4 miliardi sui 14,8 complessivi (3,4 per i marchi “Food”, 5 per quelli “Wine”).

La Toscana è molto ben rappresentata: 31 sono le Dop e Igp del comparto cibo (16 Dop e 15 Igp) ,  58 di quello vino. Dentro ci sono tanti sapori e profumi di Toscana:  salumi e farine, formaggi e castagne, carni e vari tipi di olio, ma anche cantuccini e panforti.

Il significato di Dop e Igp
La differenza fra prodotti Dop (Denominazione origine protetta) e prodotti Igp (Indicazione geografica protetta) sta nel fatto che, nel caso dei prodotti Dop tutto ciò che concerne l’elaborazione e la commercializzazione del prodotto ha origine nel territorio dichiarato; mentre nel caso del prodotto Igp il territorio dichiarato conferisce al prodotto, attraverso alcune fasi o componenti della elaborazione, le sue caratteristiche peculiari, ma non tutti i fattori che concorrono all’ottenimento del prodotto provengono dal territorio dichiarato. Entrambe le etichette consentono ai consumatori di conoscere con esattezza le origini e le caratteristiche dei beni che intendono acquistare. Sono una garanzia non solo per il cliente finale, ma anche per il produttore che può tutelare il suo lavoro dalle imitazioni.[:en]Negli ultimi dieci anni  i fatturati nazionali delle produzioni agroalimentari che coniugano qualità e territorio (marchi Dop e Igp) sono cresciuti del 70%, l’export, addirittura del 143%.
E la Toscana ha fatto la sua parte con le sue 89 indicazioni geografiche su 818 (31 del comparto cibo, 58 legate al vino).
Sono questi alcuni dei dati più significativi emersi nel corso del workshop dedicato a “Indicazioni geografiche e sviluppo del territorio”, promosso dalla rete rurale di Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare), con la collaborazione della Regione Toscana.

Un appuntamento, quello che si è svolto a Palazzo Strozzi Sacrati,  che ha permesso da una parte una analisi su  tutto il percorso delle indicazioni geografiche che, avviato da tempo, sta dando risultati importanti,  e dall’altra un confronto a tutto campo tra istituzioni, tecnici, esperti, presidenti di Consorzi. Obiettivo: accompagnare e sostenere lo sviluppo conquistando nuove fette di mercato e connettendo in misura sempre maggiore i marchi con i gli enti pubblici e le collettività che vi operano.

“La sfida delle indicazioni geografiche è esattamente la nostra: cioè quella di tenere insieme la qualità dei prodotti e dei processi, certificata da un disciplinare di produzione con la storia, la cultura, la tradizione del territorio che lo esprime” ha evidenziato l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi.

“I marchi Dop e Igp – ha proseguito – sono un traino importante per tutta l’economia locale che può fruirne direttamente, con i produttori locali, o investendo in attività connesse al turismo o ai servizi. La giornata di oggi è quindi estremamente utile per dare indicazioni preziose e aumentare anche l’efficacia delle politiche pubbliche orientate verso il settore.  I dati che ci sono stati mostrati sono incoraggianti: questa scelta va quindi sostenuta e rafforzata.  Il tutto tenendo sullo sfondo, ma ben presente, anche una preoccupazione, legata alle prime indicazioni che ci vengono da Bruxelles sulla Pac post 2020.  I tagli ipotizzati (intorno al 17%) potrebbero incidere pesantemente sulle politiche regionali future anche in quest’ambito. E’ necessario che tutti gli attori coinvolti si facciano sentire per modificare questa impostazione”.

Dop e Igp: i dati nazionale e regionali
In Italia le Dop (Denominazione di orgine protetta) e Igp (Indicazione geografica protetta) sono 818: di queste 295 riguardano l’area “cibo” mentre la maggioranza (523) è dei marchi connessi al vino. Negli ultimi dieci anni queste indicazioni geografiche sono aumentate del 40% (erano  584 nel 2007).

Notevole anche il giro di affari: il fatturato  di Dop e Igp è stimato da Ismea in 14,8  miliardi di euro così distribuiti: 6,6 per l’area cibo e 8,2 per quella vino.  Numeri che hanno permesso di allargare il peso complessivo del fatturato di queste produzioni su quello generale: ora è pari all’11%. Una cifra che si raddoppia (22%) se si prende in considerazione il solo export: è oltre frontiera che vengono destinate quote molto significative delle produzioni provenienti da indicazioni geografiche: 8,4 miliardi sui 14,8 complessivi (3,4 per i marchi “Food”, 5 per quelli “Wine”).

La Toscana è molto ben rappresentata: 31 sono le Dop e Igp del comparto cibo (16 Dop e 15 Igp) ,  58 di quello vino. Dentro ci sono tanti sapori e profumi di Toscana:  salumi e farine, formaggi e castagne, carni e vari tipi di olio, ma anche cantuccini e panforti.

Il significato di Dop e Igp
La differenza fra prodotti Dop (Denominazione origine protetta) e prodotti Igp (Indicazione geografica protetta) sta nel fatto che, nel caso dei prodotti Dop tutto ciò che concerne l’elaborazione e la commercializzazione del prodotto ha origine nel territorio dichiarato; mentre nel caso del prodotto Igp il territorio dichiarato conferisce al prodotto, attraverso alcune fasi o componenti della elaborazione, le sue caratteristiche peculiari, ma non tutti i fattori che concorrono all’ottenimento del prodotto provengono dal territorio dichiarato. Entrambe le etichette consentono ai consumatori di conoscere con esattezza le origini e le caratteristiche dei beni che intendono acquistare. Sono una garanzia non solo per il cliente finale, ma anche per il produttore che può tutelare il suo lavoro dalle imitazioni.[:]

Pisco week a Firenze. La cultura del bere peruviana sbarca in Toscana

Pisco week a Firenze. La cultura del bere peruviana sbarca in Toscana

[:it]Una settimana intera per scoprire un pezzo di Perù.
Una settimana che, non a caso, arriva poco dopo l’ormai internazionale Firenze Cocktail Week che ha portato nella città del conte Negroni i big della mixology mondiale.

La Pisco Week ha invece puntato il faro su questo prodotto poco conosciuto alle nostre latitudini ma che sugli altipiani delle Ande viene considerato qualcosa che sfiora il sacro.
Da associata de le donne del vino avevo già familiarizzato con questo distillato peruviano e i suoi produttori in occasione di un tour in Italia fatto da Le Damas del Pisco e attraverso loro ho scoperto un mondo di passione e amore per la propria terra e il proprio prodotto; “non un vino – puntualizzavano – ma più simile alla vostra grappa. Un bicchiere non per tutti, ma speciale, adatto ai preti.”
Una definizione che con semplicità e schiettezza ha spiegato cosa sia il Pisco per i peruviani.
La settimana dedicata, svoltasi dal 17 al 27 maggio, ha coinvolto 23 locali. Il meglio che la mixology offra oggi nel panorama fiorentino ma non solo.
Il Pisco oggi, sulla spinta della grande gastronomia peruviana (unico paese al mondo a piazzare 3 suoi chef nel top 50 del pianeta) sta conquistando un pubblico sempre più ampio di appassionati e l’ufficio commerciale del Perù in Italia dopo il successo della prima edizione milanese non si è fatto sfuggire l’occasione di sbarcare nella capitale del Rinascimento.
Distillato dal cuore antico con una storia che affonda le radici ai tempi dei Conquistadores – condivisa e divisa coi vicini cileni – é il frutto dell’incontro della cultura locale con quella spagnola che introdusse la coltivazione della vite fra gli altipiani.
Oggi è un prodotto in forte crescita la cui denominazione è riconosciuta anche in Europa che sta diventando nei cocktail una valida alternativa al gin e al rum.
È in effetti la Pisco Week secondo la direttrice dell’ufficio commerciale del Perù in Italia è occasione unica per consacrare il Pisco come ingrediente da cocktail.
I migliori bar del mondo – prosegue  – usano da tempo il nostro distillato facendolo protagonista di bevute di successo e sbarcare a Firenze per noi è stata un occasione unica”.

I locali protagonisti sono stati: Atrium Bar del Four Seasons Hotel, Bitter Bar, Caffe Gilli, Ditta Artigianale, Divina Terrazza dell’Hotel Cavour, Eataly, El Gallito, El Inca, Filippo Mud, Grand Hotel Minerva, Harry’s Bar, Inferno, Joshua Tree Pub, La Menagere, La Vaka Loka, Locale Firenze, Mad, Mistura, Pint of View, Rasputin, Santa Rosa Bistrot, Sesto, The Fusion Bar.

Non è stato solo il mitico Pisco Sour da provare ma anche altri cocktail dai nomi più o meno accattivanti come Machu Pichu Collins ispirato alla mitica città o il Piña Emoliente ispirato alla bevanda tradizionale curativa.
Ma la fantasia dei bartender non ha avuto limiti anche se troppo spesso, almeno nel nostro speciale Pisco tour in cui eravamo accompagnati dalla gentilissima Olga attraversando Firenze al tramonto,  l’ananas più o meno al naturale è stato protagonista quasi più del Pisco.
A noi è rimasto il piacere di vedere (finalmente) la meritocrazia nella scelta. Non solo locali trendy, modaioli o fighetti, ma anche excursus fuori dal quadrilatero della città rinascimento-fake per esplorare le periferie, quelle dove davvero vanno i fiorentini e i locali tradizionali e innovativi peruviani della città.
Meno convinti dai cocktail assaggiati dove l’interpretazione era facile e banalotta con la sensazione forte che molto ci sia ancora da fare per far conoscere bene il prodotto nel vecchio continente.
Noi su tutti scegliamo, anche per l’accompagnamento culinario il Pisco Viola del miglior ristorante peruviano di Firenze.
La proposta di Pablo di El Inca ci è parsa la più azzeccata. Il suo Pisco viola che ha fatto battere il cuore dei tifosi della città è realizzato con una delle oltre 800 varietà di mais del Perù lavorato e macerato come solo un andino vero col viso scolpito dagli oltre 2000 metri di altitudine della sua città natale poteva dare conoscendone ogni segreto.
Pisco e mais una perfetta interpretazione del Perù più vero e autentico, non una ruffianata modaiola come invece ahimè da tanti è stata interpretata la settimana.
Il consiglio che diamo è di ripetere l’iniziativa facendolo dive tare un appuntamento fisso in citta, magari aggiungendo anche un po’ di giusta divulgazione e conoscenza del prodotto che ci pare essere stata carente al di là delle mode di un prodotto che “tira”.
Nadia Fondelli

[:en]Una settimana intera per scoprire un pezzo di Perù.
Una settimana che, non a caso, arriva poco dopo l’ormai internazionale Firenze Cocktail Week che ha portato nella città del conte Negroni i big della mixology mondiale.

La Pisco Week ha invece puntato il faro su questo prodotto poco conosciuto alle nostre latitudini ma che sugli altipiani delle Ande viene considerato qualcosa che sfiora il sacro.
Da associata de le donne del vino avevo già familiarizzato con questo distillato peruviano e i suoi produttori in occasione di un tour in Italia fatto da Le Damas del Pisco e attraverso loro ho scoperto un mondo di passione e amore per la propria terra e il proprio prodotto; “non un vino – puntualizzavano – ma più simile alla vostra grappa. Un bicchiere non per tutti, ma speciale, adatto ai preti.”
Una definizione che con semplicità e schiettezza ha spiegato cosa sia il Pisco per i peruviani.
La settimana dedicata, svoltasi dal 17 al 27 maggio, ha coinvolto 23 locali. Il meglio che la mixology offra oggi nel panorama fiorentino ma non solo.
Il Pisco oggi, sulla spinta della grande gastronomia peruviana (unico paese al mondo a piazzare 3 suoi chef nel top 50 del pianeta) sta conquistando un pubblico sempre più ampio di appassionati e l’ufficio commerciale del Perù in Italia dopo il successo della prima edizione milanese non si è fatto sfuggire l’occasione di sbarcare nella capitale del Rinascimento.
Distillato dal cuore antico con una storia che affonda le radici ai tempi dei Conquistadores – condivisa e divisa coi vicini cileni – é il frutto dell’incontro della cultura locale con quella spagnola che introdusse la coltivazione della vite fra gli altipiani.
Oggi è un prodotto in forte crescita la cui denominazione è riconosciuta anche in Europa che sta diventando nei cocktail una valida alternativa al gin e al rum.
È in effetti la Pisco Week secondo la direttrice dell’ufficio commerciale del Perù in Italia è occasione unica per consacrare il Pisco come ingrediente da cocktail.
I migliori bar del mondo – prosegue  – usano da tempo il nostro distillato facendolo protagonista di bevute di successo e sbarcare a Firenze per noi è stata un occasione unica”.

I locali protagonisti sono stati: Atrium Bar del Four Seasons Hotel, Bitter Bar, Caffe Gilli, Ditta Artigianale, Divina Terrazza dell’Hotel Cavour, Eataly, El Gallito, El Inca, Filippo Mud, Grand Hotel Minerva, Harry’s Bar, Inferno, Joshua Tree Pub, La Menagere, La Vaka Loka, Locale Firenze, Mad, Mistura, Pint of View, Rasputin, Santa Rosa Bistrot, Sesto, The Fusion Bar.

Non è stato solo il mitico Pisco Sour da provare ma anche altri cocktail dai nomi più o meno accattivanti come Machu Pichu Collins ispirato alla mitica città o il Piña Emoliente ispirato alla bevanda tradizionale curativa.
Ma la fantasia dei bartender non ha avuto limiti anche se troppo spesso, almeno nel nostro speciale Pisco tour in cui eravamo accompagnati dalla gentilissima Olga attraversando Firenze al tramonto,  l’ananas più o meno al naturale è stato protagonista quasi più del Pisco.
A noi è rimasto il piacere di vedere (finalmente) la meritocrazia nella scelta. Non solo locali trendy, modaioli o fighetti, ma anche excursus fuori dal quadrilatero della città rinascimento-fake per esplorare le periferie, quelle dove davvero vanno i fiorentini e i locali tradizionali e innovativi peruviani della città.
Meno convinti dai cocktail assaggiati dove l’interpretazione era facile e banalotta con la sensazione forte che molto ci sia ancora da fare per far conoscere bene il prodotto nel vecchio continente.
Noi su tutti scegliamo, anche per l’accompagnamento culinario il Pisco Viola del miglior ristorante peruviano di Firenze.
La proposta di Pablo di El Inca ci è parsa la più azzeccata. Il suo Pisco viola che ha fatto battere il cuore dei tifosi della città è realizzato con una delle oltre 800 varietà di mais del Perù lavorato e macerato come solo un andino vero col viso scolpito dagli oltre 2000 metri di altitudine della sua città natale poteva dare conoscendone ogni segreto.
Pisco e mais una perfetta interpretazione del Perù più vero e autentico, non una ruffianata modaiola come invece ahimè da tanti è stata interpretata la settimana.
Il consiglio che diamo è di ripetere l’iniziativa facendolo dive tare un appuntamento fisso in citta, magari aggiungendo anche un po’ di giusta divulgazione e conoscenza del prodotto che ci pare essere stata carente al di là delle mode di un prodotto che “tira”.
Nadia Fondelli

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[:it]Livorno: laboratorio di cucina Cacciucco Lab all’Acquario di Livorno[:en]Laboratorio di cucina Cacciucco Lab all’Acquario di Livorno[:]

[:it]Livorno: laboratorio di cucina Cacciucco Lab all’Acquario di Livorno[:en]Laboratorio di cucina Cacciucco Lab all’Acquario di Livorno[:]

[:it]Sabato 16 e domenica 17 Giugno  torna nella città labronica la due giorni speciale dedicata al profumo d’eccellenza del mare locale: sua maestà il cacciucco.

Anche quest’anno l’Acquario di Livorno partecipa e aderisce alla manifestazione “Cacciucco Pride”, riproponendo – dopo il successo del 2017 – il suo speciale laboratorio interattivo di cucina chiamato “CACCIUCCO LAB” in cui i partecipanti potranno imparare a cucinare il cacciucco secondo la ricetta tradizionale del Cacciucco 5C, ma in una chiave sostenibile.
Quest’anno si raddoppiano gli appuntamenti, il laboratorio sarà infatti disponibile entrambe le giornate del Pride: sabato 16 e domenica 17 giugno.
Durante il corso di cucina sarà curato anche l’abbinamento con i vini e una degustazione finale del cacciucco preparato.
Quest’anno sarà possibile preparare anche un cacciucco nella versione gluten free. Novità 2018 anche l’attività “I Cacciucchini 5C” dedicata agli alunni di tre classi di alcune scuole materne e già esauriti i posti.

Si chiama Cacciucco Lab ed è un vero e proprio laboratorio interattivo, con lavorazione del pesce, cottura, degustazione finale e visita guidata alle vasche espositive.
Un corso di cucina intensivo per imparare la preparazione del vero cacciucco 5C e anche come abbinarlo al vino più indicato. Questo speciale laboratorio interattivo “Cacciucco Lab”  nasce dalla ormai consolidata collaborazione tra Acquario di Livorno, Slowfood Livorno, Associazione Cuochi Livornesi e Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori) Delegazione di Livorno, con il contributo tecnico delle cantine Mulini di Segalari e Campo alle Comete per i vini, e di Tenuta Bellavista Insuese per il pane.

Uno chef dell’Associazione Cuochi Livornesi introdurrà i partecipanti alla preparazione del piatto più famoso della tradizione culinaria di Livorno.
Dalla preparazione del pesce, alla sua cottura e all’utilizzo degli altri ingredienti che caratterizzano un Cacciucco 5 C, riproposto in chiave sostenibile. Quest’anno anche in versione gluten free.

Il laboratorio si svolgerà nei locali dell’Acquario, dove i partecipanti al laboratorio avranno anche l’occasione di fare una visita accompagnata del percorso espositivo della struttura, assieme ad una guida biologa che illustrerà i temi del consumo ittico consapevole e della stagionalità del pesce.

La visita sarà possibile anche ai loro accompagnatori, al prezzo speciale di 12 euro a persona.

Dopo la visita guidata, i partecipanti al laboratorio torneranno in cucina per assaggiare ciò che avranno preparato durante il laboratorio, con la proposta di Fisar Delegazione di Livorno di un vino perfetto in abbinamento e gentilmente offerto dalle cantine Campo alle Comete e Mulini di Segalari.

Il corso si svolgerà sia sabato 16 che domenica 17 dalle 10,30 alle 14.00 circa, avrà un costo di 35 euro a persona (30 euro per gli iscritti Slowfood, Fisar e ACL).

Gli organizzatori, per ragioni logistiche, hanno previsto un numero minimo di 10 iscritti  e  massimo di 20 iscritti.
Tutti gli interessati potranno fare richiesta di partecipazione entro venerdì 8 giugno, inviando una mail slowfoodlivorno@gmail.com o  telefonando a 328/9693680 (laboratorio confermato al raggiungimento del numero minimo di 10 persone partecipanti).

La prenotazione, dopo la verifica della disponibilità dei posti, verrà però confermata soltanto dopo il ricevimento del bonifico bancario a favore dell’Associazione Slowfood Condotta di  Livorno. IBAN: IT97L0503413903000000001163
Prenotazioni e info: slowfoodlivorno@gmail.com Tel. 3289693680

 

Novità 2018: I Cacciucchini 5C
Novità di quest’anno, realizzata sempre in collaborazione con Slow Food Livorno e con il contributo artistico e grafico di Tommaso Eppesteingher, è l’iniziativa “I Cacciucchini 5C” dedicata agli alunni di tre classi dei 5 anni di alcune scuole materne della città di Livorno, affinché imparino ad apprezzare il piatto tradizionale preparato in maniera sostenibile.

I piccoli partecipanti saranno impegnati in un simpatico gioco a squadre durante il quale avranno modo di conoscere la ricetta del vero Cacciucco 5C ed i suoi ingredienti ma anche di riflettere sull’importanza della tutela dell’ambiente marino e dei suoi abitanti. Al termine, un girotondo dell’amicizia ed una sorpresa per tutti i partecipanti.
Per questo primo evento, si è riservato l’iscrizione all’iniziativa agli alunni di tre classi di cinque anni di alcune scuole materne cittadine. La partecipazione è gratuita ed ad invito. L’attività si svolgerà venerdì 15 Giugno 2018 dalle ore 8.30 alle ore 11.00 presso la Sala Panoramica dell’Acquario di Livorno.[:en]Sabato 16 e domenica 17 Giugno  torna nella città labronica la due giorni speciale dedicata al profumo d’eccellenza del mare locale: sua maestà il cacciucco.

Anche quest’anno l’Acquario di Livorno partecipa e aderisce alla manifestazione “Cacciucco Pride”, riproponendo – dopo il successo del 2017 – il suo speciale laboratorio interattivo di cucina chiamato “CACCIUCCO LAB” in cui i partecipanti potranno imparare a cucinare il cacciucco secondo la ricetta tradizionale del Cacciucco 5C, ma in una chiave sostenibile.
Quest’anno si raddoppiano gli appuntamenti, il laboratorio sarà infatti disponibile entrambe le giornate del Pride: sabato 16 e domenica 17 giugno.
Durante il corso di cucina sarà curato anche l’abbinamento con i vini e una degustazione finale del cacciucco preparato.
Quest’anno sarà possibile preparare anche un cacciucco nella versione gluten free. Novità 2018 anche l’attività “I Cacciucchini 5C” dedicata agli alunni di tre classi di alcune scuole materne e già esauriti i posti.

Si chiama Cacciucco Lab ed è un vero e proprio laboratorio interattivo, con lavorazione del pesce, cottura, degustazione finale e visita guidata alle vasche espositive.
Un corso di cucina intensivo per imparare la preparazione del vero cacciucco 5C e anche come abbinarlo al vino più indicato. Questo speciale laboratorio interattivo “Cacciucco Lab”  nasce dalla ormai consolidata collaborazione tra Acquario di Livorno, Slowfood Livorno, Associazione Cuochi Livornesi e Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori Ristoratori) Delegazione di Livorno, con il contributo tecnico delle cantine Mulini di Segalari e Campo alle Comete per i vini, e di Tenuta Bellavista Insuese per il pane.

Uno chef dell’Associazione Cuochi Livornesi introdurrà i partecipanti alla preparazione del piatto più famoso della tradizione culinaria di Livorno.
Dalla preparazione del pesce, alla sua cottura e all’utilizzo degli altri ingredienti che caratterizzano un Cacciucco 5 C, riproposto in chiave sostenibile. Quest’anno anche in versione gluten free.

Il laboratorio si svolgerà nei locali dell’Acquario, dove i partecipanti al laboratorio avranno anche l’occasione di fare una visita accompagnata del percorso espositivo della struttura, assieme ad una guida biologa che illustrerà i temi del consumo ittico consapevole e della stagionalità del pesce.

La visita sarà possibile anche ai loro accompagnatori, al prezzo speciale di 12 euro a persona.

Dopo la visita guidata, i partecipanti al laboratorio torneranno in cucina per assaggiare ciò che avranno preparato durante il laboratorio, con la proposta di Fisar Delegazione di Livorno di un vino perfetto in abbinamento e gentilmente offerto dalle cantine Campo alle Comete e Mulini di Segalari.

Il corso si svolgerà sia sabato 16 che domenica 17 dalle 10,30 alle 14.00 circa, avrà un costo di 35 euro a persona (30 euro per gli iscritti Slowfood, Fisar e ACL).

Gli organizzatori, per ragioni logistiche, hanno previsto un numero minimo di 10 iscritti  e  massimo di 20 iscritti.
Tutti gli interessati potranno fare richiesta di partecipazione entro venerdì 8 giugno, inviando una mail slowfoodlivorno@gmail.com o  telefonando a 328/9693680 (laboratorio confermato al raggiungimento del numero minimo di 10 persone partecipanti).

La prenotazione, dopo la verifica della disponibilità dei posti, verrà però confermata soltanto dopo il ricevimento del bonifico bancario a favore dell’Associazione Slowfood Condotta di  Livorno. IBAN: IT97L0503413903000000001163
Prenotazioni e info: slowfoodlivorno@gmail.com Tel. 3289693680

 

Novità 2018: I Cacciucchini 5C
Novità di quest’anno, realizzata sempre in collaborazione con Slow Food Livorno e con il contributo artistico e grafico di Tommaso Eppesteingher, è l’iniziativa “I Cacciucchini 5C” dedicata agli alunni di tre classi dei 5 anni di alcune scuole materne della città di Livorno, affinché imparino ad apprezzare il piatto tradizionale preparato in maniera sostenibile.

I piccoli partecipanti saranno impegnati in un simpatico gioco a squadre durante il quale avranno modo di conoscere la ricetta del vero Cacciucco 5C ed i suoi ingredienti ma anche di riflettere sull’importanza della tutela dell’ambiente marino e dei suoi abitanti. Al termine, un girotondo dell’amicizia ed una sorpresa per tutti i partecipanti.
Per questo primo evento, si è riservato l’iscrizione all’iniziativa agli alunni di tre classi di cinque anni di alcune scuole materne cittadine. La partecipazione è gratuita ed ad invito. L’attività si svolgerà venerdì 15 Giugno 2018 dalle ore 8.30 alle ore 11.00 presso la Sala Panoramica dell’Acquario di Livorno.[:]

Dal 25 maggio al 3 giugno Valdichiana in festa per il ‘Gigante bianco’

Dal 25 maggio al 3 giugno Valdichiana in festa per il ‘Gigante bianco’

[:it]La Valdichiana si prepara ad ospitare il maggior evento dedicato alla chianina nella sua zona d’origine.
Da venerdì 25 a domenica 27 maggio e da venerdì 1 a domenica 3 giugno torna “La valle del Gigante Bianco” che, giunta alla quattordicesima edizione, proporrà un doppio fine settimana ricco di iniziative orientate alla valorizzazione e alla scoperta della razza bovina, proponendo rievocazioni storiche, visite agli allevamenti, percorsi cicloturistici, convegni e, ovviamente, cene e degustazioni. La rassegna, organizzata dagli Amici della chianina in collaborazione con il comune di Sinalunga e il Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appenino Centrale, ha sede principale a Bettolle ma sarà poi dislocata anche in altri Comuni aretini e senesi della vallata, con il coinvolgimento di tante associazioni, enti e istituzioni.< /p>

L’evento è collegato al progetto ‘I percorsi del Gigante Bianco’, che già nei mesi scorsi ha visto iniziative disseminate sul territorio, tra cui il treno speciale dello scorso 7 ottobre, partito da Arezzo e arrivato a Sinalunga con a bordo cicloturisti iscritti ad una pedalata tra le colline della Valdichiana e gli iscritti al convegno sulla ‘valorizzazione delle linee ferroviarie minori attraverso il collegamento con percorsi cicloturistici’.

“Il ‘Gigante bianco’ è un simbolo e una ricchezza della nostra tradizione e della nostra cultura, oltre che delle nostre tavole – ha spiegato l’assessore Ceccarelli – l’organizzazione di giornate speciali o iniziative come il ‘treno del gigante bianco’, sono un modo per valorizzare questo solenne bovino e promuovere i territori che sono la sua culla. Allo stesso tempo vogliamo mostrare come lo sviluppo di un tipo di mobilità e di turismo più lento e sano, sia utile e produttivo per il territorio”. “La Toscana ha molte aree splendide da esplorare ma lontane dai grandi flussi turistici – ha concluso Ceccarelli – crediamo l’intermodalità treno-bici possa rappresentare una leva di sviluppo importate in questo senso. La Regione sta lavorando per costruire in Toscana un sistema di ciclovie in grado di competere con i gra ndi itinerari ciclabili europei e al tempo stesso stiamo valorizzando le linee ferroviarie minori, anche attraverso iniziative come queste. Credo che la Val di Chiana abbia tutte le carte in regola per essere una protagonista di questo scenario”.

“La chianina – sottolinea l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi – è uno dei grandi ambasciatori del mondo rurale e della gastronomia toscana nel mondo. Metterla al centro di una manifestazion così ricca e articolata è un’idea giusta e vincente perché consentirà di valorizzare questa preziosa e antica razza bovina proprio nel suo territorio, consentendo a un pubblico vastissimo di conoscere da vicino e di apprezzare le qualità culturali, artistiche e gastronomiche di tutta l’area. “Nei due week-end in cui si svilupperà la manifestazione – prosegue Remaschi – il ‘Gigante bianco’ riuscirà anche nell’intento di unire tutta la Valdichiana, nei suoi comuni senesi e aretini, permettendo di valorizzare coralmente una delle zone rurali più pregiate della nostra regione”.

“La valle del ‘Gigante bianco’ – spiega Giovanni Corti, presidente degli Amici della Chianina – vuole valorizzare la chianina come un motore per lo sviluppo socio-economico dell’intero territorio, collegandosi a tantissimi settori: quello enogastronomico legato all’alimentazione, quello rurale-agricolo legato a tanti allevatori e produttori, quello culturale legato alla storia della zona, quello turistico legato alla scoperta lenta e sostenibile di una vallata piena di ricchezze. I due fine settimana proporranno un’irripetibile occasione per scoprire le tradizioni e le eccellenze dell’intera Valdichiana».

“La valle del Gigante Bianco” si aprirà alle 17.00 del 26 maggio con “La grande disfida della chianina” che proporrà un momento formativo per la conoscenza della chianina attraverso la degustazione di diversi tipi di carne, mentre la sera si terrà la cena di degustazione “100 bistecche di Chianina – Limited Edition” dedicata al taglio più pregiato del bovino.

Il giorno successivo si terrà la nona rievocazione del Matrimonio Contadino con una vera e propria ricostruzione in abiti d’epoca della tipica cerimonia nuziale agricola degli anni ’50, oltre alla prima ciclo-pedalata “Borghi & Chianina” che porterà alla scoperta turistica degli antichi borghi fortificati e delle fattorie monumentali di Sinalunga.

Il secondo fine settimana, invece, sarà caratterizzato per tutti i tre giorni da “Stalle di chianina aperte” che proporrà una visita ai cinque principali allevamenti di razza chianina dislocati nella vallata e, a livello gastronomico, troverà il proprio apice con la cena di venerdì 1 giugno “Chianina in tavola” che servirà la chianina nelle varie ricette della tradizione. I sei giorni de “La valle del Gigante Bianco” proporranno poi tante altre attività per grandi e piccoli, oltre alla possibilità di provare le degustazioni dell’Osteria della Chianina e del cibo di strada dello Streetfood del “Gigante Bianco”.[:en]La Valdichiana si prepara ad ospitare il maggior evento dedicato alla chianina nella sua zona d’origine.
Da venerdì 25 a domenica 27 maggio e da venerdì 1 a domenica 3 giugno torna “La valle del Gigante Bianco” che, giunta alla quattordicesima edizione, proporrà un doppio fine settimana ricco di iniziative orientate alla valorizzazione e alla scoperta della razza bovina, proponendo rievocazioni storiche, visite agli allevamenti, percorsi cicloturistici, convegni e, ovviamente, cene e degustazioni. La rassegna, organizzata dagli Amici della chianina in collaborazione con il comune di Sinalunga e il Consorzio di Tutela del Vitellone Bianco dell’Appenino Centrale, ha sede principale a Bettolle ma sarà poi dislocata anche in altri Comuni aretini e senesi della vallata, con il coinvolgimento di tante associazioni, enti e istituzioni.< /p>

L’evento è collegato al progetto ‘I percorsi del Gigante Bianco’, che già nei mesi scorsi ha visto iniziative disseminate sul territorio, tra cui il treno speciale dello scorso 7 ottobre, partito da Arezzo e arrivato a Sinalunga con a bordo cicloturisti iscritti ad una pedalata tra le colline della Valdichiana e gli iscritti al convegno sulla ‘valorizzazione delle linee ferroviarie minori attraverso il collegamento con percorsi cicloturistici’.

“Il ‘Gigante bianco’ è un simbolo e una ricchezza della nostra tradizione e della nostra cultura, oltre che delle nostre tavole – ha spiegato l’assessore Ceccarelli – l’organizzazione di giornate speciali o iniziative come il ‘treno del gigante bianco’, sono un modo per valorizzare questo solenne bovino e promuovere i territori che sono la sua culla. Allo stesso tempo vogliamo mostrare come lo sviluppo di un tipo di mobilità e di turismo più lento e sano, sia utile e produttivo per il territorio”. “La Toscana ha molte aree splendide da esplorare ma lontane dai grandi flussi turistici – ha concluso Ceccarelli – crediamo l’intermodalità treno-bici possa rappresentare una leva di sviluppo importate in questo senso. La Regione sta lavorando per costruire in Toscana un sistema di ciclovie in grado di competere con i gra ndi itinerari ciclabili europei e al tempo stesso stiamo valorizzando le linee ferroviarie minori, anche attraverso iniziative come queste. Credo che la Val di Chiana abbia tutte le carte in regola per essere una protagonista di questo scenario”.

“La chianina – sottolinea l’assessore regionale all’agricoltura Marco Remaschi – è uno dei grandi ambasciatori del mondo rurale e della gastronomia toscana nel mondo. Metterla al centro di una manifestazion così ricca e articolata è un’idea giusta e vincente perché consentirà di valorizzare questa preziosa e antica razza bovina proprio nel suo territorio, consentendo a un pubblico vastissimo di conoscere da vicino e di apprezzare le qualità culturali, artistiche e gastronomiche di tutta l’area. “Nei due week-end in cui si svilupperà la manifestazione – prosegue Remaschi – il ‘Gigante bianco’ riuscirà anche nell’intento di unire tutta la Valdichiana, nei suoi comuni senesi e aretini, permettendo di valorizzare coralmente una delle zone rurali più pregiate della nostra regione”.

“La valle del ‘Gigante bianco’ – spiega Giovanni Corti, presidente degli Amici della Chianina – vuole valorizzare la chianina come un motore per lo sviluppo socio-economico dell’intero territorio, collegandosi a tantissimi settori: quello enogastronomico legato all’alimentazione, quello rurale-agricolo legato a tanti allevatori e produttori, quello culturale legato alla storia della zona, quello turistico legato alla scoperta lenta e sostenibile di una vallata piena di ricchezze. I due fine settimana proporranno un’irripetibile occasione per scoprire le tradizioni e le eccellenze dell’intera Valdichiana».

“La valle del Gigante Bianco” si aprirà alle 17.00 del 26 maggio con “La grande disfida della chianina” che proporrà un momento formativo per la conoscenza della chianina attraverso la degustazione di diversi tipi di carne, mentre la sera si terrà la cena di degustazione “100 bistecche di Chianina – Limited Edition” dedicata al taglio più pregiato del bovino.

Il giorno successivo si terrà la nona rievocazione del Matrimonio Contadino con una vera e propria ricostruzione in abiti d’epoca della tipica cerimonia nuziale agricola degli anni ’50, oltre alla prima ciclo-pedalata “Borghi & Chianina” che porterà alla scoperta turistica degli antichi borghi fortificati e delle fattorie monumentali di Sinalunga.

Il secondo fine settimana, invece, sarà caratterizzato per tutti i tre giorni da “Stalle di chianina aperte” che proporrà una visita ai cinque principali allevamenti di razza chianina dislocati nella vallata e, a livello gastronomico, troverà il proprio apice con la cena di venerdì 1 giugno “Chianina in tavola” che servirà la chianina nelle varie ricette della tradizione. I sei giorni de “La valle del Gigante Bianco” proporranno poi tante altre attività per grandi e piccoli, oltre alla possibilità di provare le degustazioni dell’Osteria della Chianina e del cibo di strada dello Streetfood del “Gigante Bianco”.[:]