Un autunno di gusti e sapori in Valle d’Aosta

Un autunno di gusti e sapori in Valle d’Aosta

L’autunno, la stagione dei colori e del foliage, è anche il periodo dell’anno in cui in Valle d’Aosta i gusti e i sapori si esaltano.
È il tempo della tradizione, delle sagre e dei mercatini, dove i prodotti della terra trovano il loro momento magico, in un tripudio di emozioni per i cinque sensi. Sapori unici, con un passato e una storia da raccontare, che offrono occasioni gustose per un fine settimana all’aperto nella regione più piccola d’Italia.

Raccolta delle mele. Foto Stefano Venturin

Dopo la mela arriva il pane nero

Nelle prime due domeniche di ottobre è stata protagonista la mela, il frutto più coltivato in Valle d’Aosta, dove, grazie al microclima alpino, raggiunge un’eccellente maturazione, naturale e sana, regalando profumi e gusti intensi.
E per raccontare questa succosa tentazione, il 1° ottobre si è tenuta la 39a edizione della  Festa della Mele di Gressan, un borgo a pochi chilometri da Aosta, situato tra vasti frutteti, dove poter anche apprezzare testimonianze del Medioevo. Il secondo appuntamento è  il 7 e 8 ottobre ad Antey-Saint-André, nella media valle del Cervino, con Melevallée, una mostra mercato, animata anche da laboratori tematici per bambini.
Sul filone delle tradizioni del territorio della Valle d’Aosta, un altro appuntamento imperdibile nel calendario autunnale della Valle d’Aosta è La festa de lo pan ner, che si svolge nel fine settimana del 14 e 15 ottobre in diverse località.
Un’occasione per gustare e acquistare il 
pane tipico di grano e segale, talvolta arricchito con castagne, cumino o frutta secca, appena sfornato, visitando gli antichi forni comunitari e partecipando a eventi nel segno della convivialità.

Pane nero. Foto Stefano Venturini

La disfida delle vacche

Le tipicità e tradizioni valdostane si ritrovano anche nella “Bataille de Reines”, dove protagoniste sono le Regine (Reines), cioè le vacche che si sfidano a colpi di corna.
In natura è proprio di questi animali scontrarsi in combattimenti all’interno della mandria, per definire la gerarchia tra le vacche.
E proprio quest’attitudine naturale, insieme alla passione degli allevatori, ha dato origine più di cinquant’anni fa alle “Batailles de reines”, battaglie incruente ed istintive per gli animali, il cui scopo è quello di decretare in maniera naturale la “Regina” della mandria.
Domenica 22 ottobre all’Arena Croix Noire di Aosta avrò luogo la finale, ovvero l’ultima grande sfida tra le migliori regine elette nei vari incontri dell’anno.

Apicoltori. Foto: ufficio del turismo

Fine ottobre dolce come il miele e le castagne

A chiudere il mese di ottobre ancora una sagra, che valorizza un’altra eccellenza valdostana: il miele. Il miele della Valle d’Aosta, infatti, è lavorato all’antica e non subisce alcun trattamento termico, mantenendo così inalterate le sue proprietà organolettiche.
Nel 
weekend dal 27 al 29 nelle vie di Châtillon, comune situato all’imbocco della Valtournenche, si possono scoprire le tante specie di mieli – dal rododendro al castagno, dal tarassaco al tiglio, al millefiori – e acquistare direttamente dai produttori. Numerose sono le iniziative che animano il borgo tra esposizioni di antichi attrezzi per l’apicoltura e degustazioni guidate.
Ma autunno significa anche castagna e quella valdostana è particolare, perché di piccole dimensioni ma di grande qualità e particolarmente gustosa.
Un frutto da sempre protagonista nei piatti tradizionali: servita in abbinamento a lardo e motzetta, in zuppe e minestre o semplicemente accompagnata con burro o latte di montagna, ma soprattutto apprezzata come dolce con tante diverse golose proposte. 
Donnas, Fénis, Avise e Courmayeur sono le località che tra ottobre e il primo novembre organizzano eventi con castagnate, per trascorrere una giornata all’area aperta in allegria.

Fontina Dop. Foto Arch. Reg.Autonoma VdA

Novembre inizia col sapore della fontina e della patata di montagna

In un viaggio del gusto in Valle d’Aosta non può mancare la fontina Dop, in particolare quella d’alpeggio, che viene celebrata insieme a un’altra eccellenza regionale, la patata di montagna, con Torgnon d’outon.
La 
prima domenica di novembre il suggestivo comune della Valtournenche presenterà un mercatino a km0, dove si potranno acquistare i prodotti tipici direttamente dai produttori, degustare piatti tipici, vedere la lavorazione della Fontina e ammirare alcuni artigiani con i loro lavori tradizionali.

Vigneti Arnad. Foto foto Enrico Romanzi

Enoturismo fra i vigneti eroici

I colori e i sapori autunnali della Valle d’Aosta sono anche quelli dei vigneti e delle cantine lungo il fondovalle che da Pont-Saint-Martin e Donnas raggiunge i 1.200 metri di Morgex e La Salle, per un’esperienza di enoturismo in cui conoscere le tradizioni e l’antica vocazione vitivinicola della regione.
Un percorso tra le vigne è una bella occasione anche per visitare borghi medievali e castelli e per i più sportivi per un giro in mountain-bike tra i pendii di Villeneuve, Aymavilles, Jovençan, Aosta, Sarre e Saint-Pierre (le visite alle aziende vitivinicole sono su prenotazione).

 

 

“Pomaria” a Cles arriva la festa delle mele

“Pomaria” a Cles arriva la festa delle mele

La Val di Non si prepara per una delle sue manifestazioni più amate: Pomaria, la festa dedicata alla raccolta delle mele Dop. e alle eccellenze enogastronomiche km 0-40 locali e del territorio trentino, in programma il 13,14 e 15 ottobre 2023 nel borgo di Cles, il capoluogo della Val di Non.  Dal 2023, si inizia di venerdì: un giorno in più per una festa ancora più bella e sostenibile


La regina della Val di Non

Quest’anno l’evento per la prima volta inizia il venerdì pomeriggio e il pubblico sarà ancora più protagonista. Sì, sarà proprio così: per fare un altro passo nel suggestivo racconto del felice legame della valle con l’agricoltura e la pastorizia che a ogni appuntamento Pomaria mette in scena.
La decisione di abbracciare il weekend lungo fa parte dell’evoluzione dell’evento che, anno dopo anno, si è dato l’obiettivo di crescere e rinnovarsiampliando il raggio di azione e sviluppando parallelamente all’omaggio alle mele Dop della Val di Non (la prima Dop europea) un percorso incentrato sulla scoperta del territorio attraverso tutte le sue eccellenze artigianali legate al gusto.


Pomaria quest’anno è a Cles

Grazie a questo approccio Pomaria è diventata un coinvolgente, interessante e poetico laboratorio a cielo aperto sui sapori e il saper fare, dove assaporare, imparare, e scoprire, con particolari approfondimenti sulle buone pratiche che mettono insieme agricoltura, alimentazione e sostenibilità.
Una menzione speciale va alla scelta sempre più convinta di bandire dalla festa piatti e stoviglie usa e getta, seppur riciclabili, privilegiando quelli lavabili e riutilizzabili, nonché quella di offrire l’acqua potabile dell’acquedotto locale: accoglienza calorosa, quindi, per chi arriva con la propria borraccia.
E non è un caso che tutti i borghi che la ospitano, alternandosi di edizione in edizione, aprano le porte di spazi pubblico e privati al pubblico, definendo un perimetro comune che è disegnato dal piacere di accogliere e condividere per dar vita idealmente un dialogo tra chi abita la valle trentina ogni giorno, contribuendo a plasmarne l’unicità, e chi arriva per visitarla.
Da un po’ di edizioni, la manifestazione cambia sede ogni anno e per il 2023 protagoniste saranno le vie del centro storico di Cles che verranno esplorate dai partecipanti alla scoperta di quartieri come “Doss di Pez” per approdare alla spettacolare terrazza panoramica del capoluogo della Val di Non, da cui si dominano distese di meleti, incorniciati dalle cime montuose che disegnano la valle e “appoggiati” sulle pendici del Lago di Santa Giustina.
In evidenza: “Salotto del gusto” e “Bagno di foresta”, due piacevoli iniziative legata all’interattività, parole chiave dell’evento

Foto: Elisa Fedrizzi

Degustazioni, laboratori e scoperte

Pensando all’obiettivo di coinvolgere fattivamente i visitatori mettendoli realmente in contatto con le realtà del luogo, tra le cose in evidenza il Salotto del Gusto che combinerà sapori e parole: diverse realtà si metteranno insieme (cantine, birrifici, produttori di sidro, apicoltori, produttori di erbe…) per raccontarsi ai visitatori di Pomaria, degustando abbinamenti di prodotti insieme a loro, dando una speciale tridimensionalità a processi e approcci produttivi, ispirazioni, creatività e visioni.
A pochi passi del cuore di Pomaria, nel bellissimo Parco del Doss di Pez, ci si potrà rilassare prendendo parte alle attività di Bagno di Foresta, seguite da alcuni esperti del luogo: attività nata dall’esigenza di scaricare tensioni e stress della vita frenetica, lo shinrin yoku è una disciplina di origine giapponese, che si sta sempre più affermando anche in Europa.
I grandi classici: lezioni di raccolta, incontri con i produttori artigianali, laboratori, degustazioni e attività per tutti

Foto Elisa Fedrizzi

Passeggiate nei frutteti e lezioni di raccolta delle mele

Le mele saranno in primo piano anche con le visite guidate al frutteto storico di Cles, nato per custodire la memoria storica della frutticoltura in Val di Non e sul suo essere profondamente legata al genius loci.
Questo terreno, suggestivamente posizionato al limite della vegetazione montana, è un piccolo eden popolato di piante rare di melo e di pero, che nella loro straordinaria varietà, con nomi affascinanti come Rosmarina bianca, Rosa nobile, Butirra Hardy, quando i frutti sono maturi, danno l’impressione ai visitatori di essere approdati per magia in uno spazio fiabesco.
Tornano anche le lezioni di raccolta in compagnia dei maestri raccoglitori che, in un campo lasciato a disposizione dei visitatori, insegneranno loro come staccare correttamente le mele dall’albero e come riporle in una cassetta di legno, pronta per essere portata a casa

Cles. Foto Elisa Fedrizzi

Una programmazione fra passato e futuro

Anche per la sua maggiore durata, l’edizione 2023 avrà con un numero ancora più ampio di momenti di incontrolaboratori per adulti e bambini: non solo enogastronomia, quindi, ma anche memoria e ispirazioni per il futuro, imparando insieme come si fanno il lino, le cassette della frutta, gli antichi mestieri contadini.
Ancora maggiore l’attenzione dedicata alle 
tematiche ambientali, parlando, per esempio, di lotta biologica ad alcuni parassiti e dell’importanza delle api per la biodiversità e la salute di tutto il pianeta.
In relazione alla sostenibilità la vocazione all’ interattività sarà ancora più rilevante per apprendere in modo corale, in un clima di festa, come sia facile e importante seguire alcune buone pratiche, recuperando il piacere di far da sé anche per riuscire a utilizzare e apprezzare al meglio i doni della terra: ci saranno, quindi, appuntamenti incentrati alla conservazione e trasformazione delle mele, l’immancabile lezione dedicata allo strudel e incursioni nel salato con le lezioni di canederli e tortèl di patate, una frittella, tanto semplice quanto squisita se preparata ad arte. Da mettere in agenda anche gli incontri che spiegano i segreti della caseificazione.

Foto: Elisa Fedrizzi

Non solo mele in “passarella”

Osservando da vicino l’elenco dei produttori – tutti sono soci di realtà come la Strada della Mela e dei Sapori della Val di Non e della Val di Sole, la Strada dei Formaggi delle Dolomiti o la Strada del Vino Trentino – e le categorie in cui possono essere suddivisi si comprende immediatamente come Pomaria 2023 darà ancora più piacere e soddisfazione a chi ama scoprire tesori di gusto.
Si potrà infatti spaziare tra miele ed erbe officinaliformaggi; salumi; frutta, ortaggi e trasformati; vini e distillati; birre artigianali; pane, dolci e farine.
Tra le novità che sono collegate alla terra anche alcune realtà specializzate nella 
cosmesi.
Immancabili le degustazioni dedicate ai formaggi d’alpeggio, al miele, ai distillati e al vino, che in Val di Non sta conoscendo un autentico e felice rinascimento, grazie alla nascita e alla caparbietà di alcune piccole cantine, impegnate, appunto, nella rivalorizzazione della bacca rossa autoctona Groppello di Revò (da cui si ricava anche un raro e intrigante blanc de noir, spumantizzato con metodo classico), ma anche nella produzione di alcuni bianchi, magnificando l’acidità regalata dal terreno e dalle altitudini.


La mamma di Pomaria: la strada della mela e dei sapori della Valle di Non e di Sole

Se Pomaria, ogni anno, in modo sempre nuovo riesce a dare vita a una vera e propria gustosa parata di prodotti locali è merito dell’attività di ricerca e selezione dell’Associazione “Strada della Mela e dei Sapori delle Valli di Non e di Sole”. Superati da poco i 200 affiliati tutela e promuove realtà artigianali, filiere corte e prodotti a “rischio di estinzione”.
L’associazione “Strada della Mela e dei Sapori delle Valli di Non e di Sole” è nata nel 2003 per volontà di contadini, locandieri, agrituristi, proprietari di negozi di prodotti tipici ed enoteche delle Valli del Noce, che con entusiasmo e passione hanno dato vita a un importante progetto volto ad offrire agli ospiti in visita la possibilità di fare un percorso legato a ciò che il territorio sa produrre.
Gli Associati della Strada della Mela e dei Sapori delle Valli di Non e di Sole, infatti, si sono impegnati a seguire un rigido e preciso disciplinare per garantire ai visitatori servizi di ottima qualità: l’offerta di prodotti tipici locali sempre genuini e gustosi, menù a tema con i piatti della tradizione e ambienti confortevoli e curati in ogni dettaglio.


Il Molise celebra la mela, regina d’autunno

Il Molise celebra la mela, regina d’autunno

Laboratori del gusto, visite guidate, escursioni nella natura d’autunno, street band e tante attività tutte da vivere per la 6° Festa della Mela di Castel del Giudice (Isernia), una nuova, sorprendente, Edizione Esperienziale, che sabato 14 e domenica 15 ottobre 2023 dipingerà di profumi e sapori il borgo dell’Alto Molise al confine con l’Abruzzo, di cui la mela è simbolo.

Castel del Giudice, Festa della Mela 2022 – Credit Adelina Zarlenga

Castel del Giudice: capitale della mela d’Appennino

Pittoresco borgo montano molisano situato al confine con l’Abruzzo Castel del Giudice si trova in una zona paesaggisticamente davvero mozzafiato.
Il borgo è una piccola bomboniera fatta di stradine lastricate, case in pietra e antiche chiesette di montagna tra cui la chiesa di San Marco, la chiesa di San Pietro e la chiesa di Santa Maria delle Grazie.
Luogo di antica tradizione rurale Castel del Giudice fra i suoi prodotti tradizionali fra cui salumi e formaggi spicca per essere noto come il “paese della mela” dell’Appennino molisano.
Fra i bellissimi boschi dei dintorni infatti questa piccola comunità è famosa per i suoi meleti e per la produzione di mele di alta qualità, in particolare le mele annurche.

Le mele annurca

Scopriamo la mela che cura

Le mele annurche sono una varietà di mela che cresce in modo particolarmente abbondante nella zona circostante Castel del Giudice.
Forma tondeggiante e leggermente appiattita, con buccia liscia e cerosa, polpa succosa e profumata. Il picciolo corto e debole rende questa varietà di mele caduche particolarmente pregiate e apprezzate.
Vengono coltivate lungo degli appositi melai esposti al sole, dove vengono girate più volte per agevolarne la maturazione, ovvero fino a quando non si evidenzia il tipico colore rosso.
Questa procedura rende la mela annurca particolarmente pregiata, un vero e proprio elisir di salute grazie a proprietà nutritive e organolettiche uniche.
Una tipologia di mele molto apprezzate per il loro sapore dolce e il loro aroma caratteristico. Spesso utilizzate per produrre succhi e dolci regionali, tra cui le famose “sfogliatelle di mele,” una prelibatezza tipica della zona.
La annurca come accennato è la mela della salute per eccellenza che risponde alla perfezione al detto “una mela al giorno toglie il medico di torno”. La annurca ha una dosi altissime di vitamina A e di vitamina C che contribuiscono a rafforzare il sistema immunitario, la vista e la salute della pelle, nonché una quantità oltre la media rispetto alle altre mele di polifenoli utili nel mantenere in salute organi e tessuti, a contrastare efficacemente l’invecchiamento cellulare e nel proteggere l’apparato cardiovascolare. Infine la annurca è ricchissima di procianidine, una tipologia di polifenoli che la rende particolarmente efficace nel combattere livelli alti di colesterolo..

Castel del Giudice, Raccolta delle mele – Credit Emanuele Scocchera

La festa

Nell’abbraccio del paesaggio colorato dal foliage autunnale e dai filari delle mele nate dove un tempo i campi erano in stato di abbandono, il cuore del paese vedrà i migliori produttori biologici e artigianali del territorio proporre nei loro stand e food truck prelibatezze a chilometro zero, ricette e prodotti tipici molisani e abruzzesi, mentre gli artisti di strada del Castel del Giudice Buskers Festival riempiranno di magia e di musica le vie e le piazze, fino all’albergo diffuso Borgotufi.
Da non perdere i tour nel Giardino delle Mele Antiche, dove sono state recuperate circa 60 tipologie di questi frutti autoctoni, nel birrificio agricolo Malto Lento, la cui birra è prodotta con l’orzo coltivato a Castel del Giudice, e all’Apiario di Comunità con il miele espressione della ricca biodiversità locale. Ma tantissime saranno le sorprese, tra giochi di una volta, passeggiate, degustazioni e musica.

Mela caramellata_Credit Adelina Zarlenga


Sfogliatelle di mela

Ingredienti:
Pasta Sfoglia rettangolare
320 g mele
2 cucchiai di confettura di pesche
70 g di tuorli
Acqua 30 g

Preparazione:
Per preparare le sfogliatine alle mele, potete sbucciare le mele o lavarle per usarle con la buccia Tagliatele a metà, privatele del torsolo, creando un foro profondo con un coltello e scavando con l’aiuto di un cucchiaino.

Poi tagliate a fettine molto sottili dello spessore di 4 mm. Per evitare che le mele anneriscano, ponetele in una ciotola contenente acqua fredda e il succo di mezzo limone.
Mettete la confettura di pesche in un pentolino, versate l’acqua e portate a bollore a fuoco dolce, mescolando con una spatola da cucina per 2 minuti..
Spegnete il fuoco e filtrate il composto che avete ottenuto con l’aiuto di un colino a maglie strette in modo da rendere la confettura più cremosa. Stendete la pasta sfoglia sul piano di lavoro e tagliatela in 4 rettangoli della misura di 10×15 cm
Disponete su ciascuna sfoglia 6-7 fettine di mele, sovrapponendole leggermente, lasciando tutto intorno 1-1,5 cm dal bordo. Una volta terminato spennellate le mele con metà dose di confettura di pesche
In una ciotolina a parte sbattete il tuorlo con poca acqua (13-14) e spennellate il bordo della sfoglia
Ponete le sfogliatine pronte su una leccarda foderata con un foglio di carta da forno e fate cuocere in forno statico preriscaldato a 180°-190° per 10-12 minuti (o a 160°-180° per 7-8 minuti se in forno ventilato).
Quando saranno cotte, estraetele dal forno, cospargetele con l’altra parte di confettura alle pesche restante
e lasciate raffreddare. Infine potete servire e gustare le vostre sfogliatine alle mele.

Frutti dimenticati riscoperti e “specialisti” non pervenuti

[:it]Pesca-Regina-Londadi Nadia Fondelli – Ormai è assodato. Lo sanno pure i muri – anche se lo dicono sottovoce per non disturbare la cassaforte dei monopolisti della nostra salute – l’alimentazione base del presente e del futuro è nella verdura e nella frutta.

Da sempre lo dice la nostra cara e vecchia dieta mediterranea ma troppo spesso lo dimentichiamo nella rincorsa a modelli e stili di vita che danneggiano la salute, ma sono tanto comodi.
La legge della comunicazione del resto insegna che la massificazione piace e che parlare di buone regole è argomento fastidioso.

Così è stato per molti anni, gli anni della plastica, del preconfezionato e del fast salvo scoprire poi, quando i buoi sono già scappati dalla stalla, che il rovescio della medaglia c’era. Addio salute.

Facendo due conti si è compreso allora che il costo sociale di cattive politiche è un boomerang assassino. Spendere oggi uno per risparmiare e nutrire i popoli di veleni corrisponde a spendere domani dieci per garantire cure a vite a popoli avvelenati.

Malattie cardiovascolari, metaboliche e neurodegenerative erano sconosciute pochi decenni fa quando sulla tavola la carne scarseggiava, i prodotti lavorati non esistevano, i legumi erano la bistecca dei poveri e frutta e verdura non mancava mai.

E’ stato comodo e troppo facile distruggere l’economia di micro produzioni contadine di cui nessuno si sarebbe interessato in nome della spesa da carrello.
Oggi ne paghiamo il conto ed ecco che l’economia che ha fatto risorgere l’Italia dalle macerie della guerra, quella contadina sacrificata in nome del progresso, oggi è la chiave per un futuro migliore.
Non un vero ritorno al passato, sarebbe impossibile, ma un passato rivisto in chiave moderna per curarsi e non ammalarsi mangiando.

La frutta dimenticata ritorna così ad avere un seppur piccolo (e ci auguriamo in crescita) numero di produttori e seguaci ben consci di dover trovare la chiave di volta per non essere dei Don Chisciotte qualsiasi.
E pensare che in poco più di un ventennio siamo stati capaci di azzerare un patrimonio unico fatto di: primo paese al mondo a produrre pesche, pere e kiwi; ben oltre 170.000 varietà vegetali commestibili prodottee (la Gran Bretagna seconda ne ha 2100) e oltre 120 varietà di grani quando un colosso come gli Usa ne hanno solo 6.

E di frutti dimenticati da rilanciare se n’è parlato in abbondanza in un interessante confronto fra stampa specializzata, produttori, scienziati e amministratori pochi giorni fa a Londa: paese conosciuto per la celebre e ormai introvabile pesca regina.

La regina appunto tardiva settembrina a cui il paese mugellano ha da sempre dedicato la sua festa che insieme alla cotogna che si coltivava dalle parti dell’odierna via di Villamagna a Firenze rimangono tracce, insieme a tantissime altre varietà solo nei dipinti di Bartolomeo Bimbi testimone con le sue tele di come la frutta e le sue mille varietà fossero invece conosciute e rispettate sulle tavole rinascimentali.

Peccato che fra i tantissimi (sempre più) colleghi che vantano specializzazione in enogastronomia sulle rive del lago di Londa fossimo solo una manciata.
Peccato che la buona e sana divulgazione che si può fare non abbia appeal. Peccato non aver compreso la richiesta di sostegno lanciata da un’amministrazione lungimirante che tanto sta facendo in termini di sostegno e formazione per riprendere in chiave moderna una produzione che determina un economia; peccato per non sapere e non poter raccontare ai consumatori che ci mangiamo (quando la mangiamo) frutta costruita in laboratorio con il solo scopo di essere adatta alla grande distribuzione anche se deve stare venti giorni in frigorifero e col gusto pari a zero.

Peccato non sapere e non poter raccontare che il chilometro zero non è solo una bella parola da usare per riempirsi la bocca, non capire come costruire insieme una filiera, delle corrette etichettature, come sviluppare piante naturalmente resistenti ai parassiti, perché non chiedere agli chef-divi perché la frutta non esiste nei loro menù, etc…

Chi ci rimette è il consumatore perché al poutpourri del tutto si cucina a tutte le ore in tv si può rispondere solo con informazione corretta e coraggiosa. Ma forse è il coraggio che manca a questo paese per rifiorire.[:en]Pesca-Regina-Londadi Nadia Fondelli – Ormai è assodato. Lo sanno pure i muri – anche se lo dicono sottovoce per non disturbare la cassaforte dei monopolisti della nostra salute – l’alimentazione base del presente e del futuro è nella verdura e nella frutta.

Da sempre lo dice la nostra cara e vecchia dieta mediterranea ma troppo spesso lo dimentichiamo nella rincorsa a modelli e stili di vita che danneggiano la salute, ma sono tanto comodi.
La legge della comunicazione del resto insegna che la massificazione piace e che parlare di buone regole è argomento fastidioso.

Così è stato per molti anni, gli anni della plastica, del preconfezionato e del fast salvo scoprire poi, quando i buoi sono già scappati dalla stalla, che il rovescio della medaglia c’era. Addio salute.

Facendo due conti si è compreso allora che il costo sociale di cattive politiche è un boomerang assassino. Spendere oggi uno per risparmiare e nutrire i popoli di veleni corrisponde a spendere domani dieci per garantire cure a vite a popoli avvelenati.

Malattie cardiovascolari, metaboliche e neurodegenerative erano sconosciute pochi decenni fa quando sulla tavola la carne scarseggiava, i prodotti lavorati non esistevano, i legumi erano la bistecca dei poveri e frutta e verdura non mancava mai.

E’ stato comodo e troppo facile distruggere l’economia di micro produzioni contadine di cui nessuno si sarebbe interessato in nome della spesa da carrello.
Oggi ne paghiamo il conto ed ecco che l’economia che ha fatto risorgere l’Italia dalle macerie della guerra, quella contadina sacrificata in nome del progresso, oggi è la chiave per un futuro migliore.
Non un vero ritorno al passato, sarebbe impossibile, ma un passato rivisto in chiave moderna per curarsi e non ammalarsi mangiando.

La frutta dimenticata ritorna così ad avere un seppur piccolo (e ci auguriamo in crescita) numero di produttori e seguaci ben consci di dover trovare la chiave di volta per non essere dei Don Chisciotte qualsiasi.
E pensare che in poco più di un ventennio siamo stati capaci di azzerare un patrimonio unico fatto di: primo paese al mondo a produrre pesche, pere e kiwi; ben oltre 170.000 varietà vegetali commestibili prodottee (la Gran Bretagna seconda ne ha 2100) e oltre 120 varietà di grani quando un colosso come gli Usa ne hanno solo 6.

E di frutti dimenticati da rilanciare se n’è parlato in abbondanza in un interessante confronto fra stampa specializzata, produttori, scienziati e amministratori pochi giorni fa a Londa: paese conosciuto per la celebre e ormai introvabile pesca regina.

La regina appunto tardiva settembrina a cui il paese mugellano ha da sempre dedicato la sua festa che insieme alla cotogna che si coltivava dalle parti dell’odierna via di Villamagna a Firenze rimangono tracce, insieme a tantissime altre varietà solo nei dipinti di Bartolomeo Bimbi testimone con le sue tele di come la frutta e le sue mille varietà fossero invece conosciute e rispettate sulle tavole rinascimentali.

Peccato che fra i tantissimi (sempre più) colleghi che vantano specializzazione in enogastronomia sulle rive del lago di Londa fossimo solo una manciata.
Peccato che la buona e sana divulgazione che si può fare non abbia appeal. Peccato non aver compreso la richiesta di sostegno lanciata da un’amministrazione lungimirante che tanto sta facendo in termini di sostegno e formazione per riprendere in chiave moderna una produzione che determina un economia; peccato per non sapere e non poter raccontare ai consumatori che ci mangiamo (quando la mangiamo) frutta costruita in laboratorio con il solo scopo di essere adatta alla grande distribuzione anche se deve stare venti giorni in frigorifero e col gusto pari a zero.

Peccato non sapere e non poter raccontare che il chilometro zero non è solo una bella parola da usare per riempirsi la bocca, non capire come costruire insieme una filiera, delle corrette etichettature, come sviluppare piante naturalmente resistenti ai parassiti, perché non chiedere agli chef-divi perché la frutta non esiste nei loro menù, etc…

Chi ci rimette è il consumatore perché al poutpourri del tutto si cucina a tutte le ore in tv si può rispondere solo con informazione corretta e coraggiosa. Ma forse è il coraggio che manca a questo paese per rifiorire.[:]