Il futuro della viticoltura del Sud Italia secondo il miglior giovane enologo d’Italia

Il futuro della viticoltura del Sud Italia secondo il miglior giovane enologo d’Italia

Come sarà ill vino ell’Italia del sud nel 2024? Come sarà capace questa zona di contrastare i cambiamenti cilimatici?
Risposte che cerca di darci Jacopo Vagaggini, Miglior Giovane Enologo Italiano per Vinoway Selection 2024, che offre una prospettiva unica sulla viticoltura del Sud Italia, che ritiene più resiliente e per questo capace di esprimere prodotti moderni ed equilibrati.
 

Gli autoctoni salveranno il mondo enoico?

Jacopo Vagaggini ha esplorato l’attuale panorama enologico del Sud Italia e ha evidenziato il notevole potenziale enoico del Mezzogiorno.
Sottolinea l’importanza dello sviluppo tecnologico nelle cantine del Sud Italia al fine di migliorare la precisione dei prodotti con minore apporto di prodotti chimici.
Uno dei punti di forza evidenziati dall’enologo è la ricchezza di vitigni autoctoni che si sono adattati al clima e alla cultura del territorio nel corso del tempo.
Esprime ammirazione, ad esempio, per la tenacia del vitigno Gaglioppo in Calabria, che resiste al caldo maturando lentamente e con gradazioni contenute.
Questo dimostra l’unicità delle varietà autoctone rispetto alle varietà internazionali, che spesso richiedono impianti di irrigazione costosi e poco duraturi.
 

Nel profondo sud all’origine della viticultura

La passione di Jacopo Vagaggini per il Sud Italia è alimentata dalla sua connessione familiare con la Sicilia, essendo sua nonna paterna originaria di Lipari.
Questo legame personale con l’isola ha ispirato una profonda affinità per la regione e la sua storia vinicola.
«Considero il Sud una terra bellissima con una grande storicità nella produzione del vino; la Calabria, anche detta Enotria, è stata tra le prime zone ad allevare la vite. Il suo vino veniva offerto nell’Antica Grecia ai vincitori delle Olimpiadi», sottolinea Vagaggini.
«Il Sud Italia è una regione che vanta un eccezionale potenziale enologico. I tanti vigneti antichi, con viti mature, spesso allevate ad alberello, mostrano una notevole resistenza agli stress ambientali, rendendoli adattati al crescente caldo».
 

Purezza e autenticità le chiavi del successo

Una delle passioni di Jacopo Vagaggini è la valorizzazione dei vitigni autoctoni, un punto cruciale del suo lavoro enologico.
Lavorandoli in purezza, si propone di svelarne la vera essenza. Jacopo crede fermamente che la bellezza dei vini risieda nella purezza e nell’autenticità.
Questo approccio è in linea con l’evoluzione delle preferenze dei consumatori che cercano sempre più la qualità e l’autenticità nei vini.
Jacopo guarda con ottimismo al futuro della viticoltura nel Sud, in particolare in Puglia, Calabria, Sicilia e Campania. Ritiene che queste regioni stiano vivendo una crescita significativa, anche a livello mediatico, e che ci siano enormi opportunità di sviluppo. Il suo ruolo come enologo “itinerante” è fondamentale nel portare nuove prospettive ed innovazioni a queste terre ricche di tradizione.

«Mi stupisce come, al contrario delle aspettative, i vini prodotti al Sud siano spesso più eleganti e fini rispetto a quelli del centro-nord Italia. Gradazioni contenute, spesso sotto i 13 gradi, colori tenui e corpo sottile, rendono questi prodotti molto contemporanei e di grande bevibilità. I nomi dei vitigni spesso ingannano: sono molto belli ma fanno erroneamente pensare a prodotti molto coloriti e potenti».

Un futuro promettente a sud

Tra le varietà autoctone che ritiene più adatte in questo senso l’enologo individua in Sicilia il Nerello ed il Nero d’Avola; in Puglia il Nero di Troia; in Campania l’Aglianico; in Calabria il Magliocco e il Gaglioppo. Proprio su quest’ultimo Jacopo ha intrapreso un lungo e appassionante studio per esplorarne appieno l’anima. Da questo progetto nascerà un Gaglioppo in purezza che l’enologo considera “un vino sorprendente e di forte personalità, capace di raccontare la cultura del territorio in ogni sorso”. Ci sono poi bianchi su cui pone attenzione, tra cui il Pecorello in Calabria, l’Inzolia in Sicilia e il Biancolella in Campania.
Jacopo Vagaggini, eletto come Miglior Giovane Enologo Italiano per Vinoway Selection 2024, ha un messaggio chiaro per il mondo enologico.
«Credere nelle proprie radici e nei vitigni autoctoni, investire nella tecnologia appropriata e raccontare la cultura e la storia del territorio attraverso il vino».
Questo, secondo Vagaggini, è il percorso per creare esperienze vinicole autentiche e di qualità.
Il futuro della viticoltura nel Sud Italia sembra promettente, e figure come Jacopo Vagaggini stanno contribuendo in modo significativo a rafforzare l’identità vinicola di questo territorio.

Lampedusa: l’isola che c’è

Lampedusa: l’isola che c’è

Troppo spesso, suo malgrado, è sulle pagine di cronaca. Conosciuta Lampedusa è conosciuta in Europa solo come approdo di disperati, ma l’isola è molto di più. Uno splendido scoglio d’Africa nel cuore del Mar Mediterraneo.

una spiaggia di Lampedusa

Il sud dell’Europa

Una visione mozzafiato che appare all’improvviso dall’oblò dell’aereo in fase di avvicinamento. Con la sua forma di pesce e così piccola e isolata in mezzo all’immensità del blu del Mediterraneo.
Lampedusa è affascinante e musicale fin dal suo nome. Per vivere quest’isola appieno togliete dalla mente la cronaca dei barconi che a malapena sfiora quest’isola contrariamente da quanto raccontano i media.
Lampedusa è da godere respirando salmastro e lasciandosi baciare dal sole. Un sole mai aggressivo e un venticello sempre presente che pettina i capelli in modo gentile.
Siamo nella località geograficamente più a sud d’Europa. E gli indigeni dicono “se abbaia un cane lampedusano è più facile sentirlo dalla costa della Tunisia o da Malta piuttosto che dalle spiagge della Sicilia”.
Un’isola italiana e europea che si trova nel cuore del Mediterraneo. Un’isola dove il senso stesso della parola isola è amplificato dove la terraferma è lontanissima (servono ben otto ore di traghetto da Porto Empedocle) e la vita si svolge da sempre solo seguendo il ritmo delle onde.


Lampedusa: Italia o Africa

Un’isola da vivere appieno nei mesi di maggio, giugno e settembre. É piccolissima: solo 20 kmq. di superficie e venti minuti di tempo per percorre il suo periplo in scooter e quindi da evitare in alta stagione per l’affollamento che impedisce di coglierne appieno le sfumature.
In questi mesi il clima è perfetto; la lieve brezza marina che sa di bonaccia spolvera nell’aria mille profumi di pollini, il mare placido è già invitante e l’aria abbraccia ma non stordisce.

Cosa serve per vivere l’isola? Solo il costume da bagno per tuffarvi nel mare cristallino e uno scooter, un quad o una mitica mehari a noleggio.
Il mezzo migliore è però sicuramente il quad ideale per arrivare ovunque, anche la dove non osano le auto e gli scooter, financo in vetta alle scogliere più spettacolari.
Munitevi poi di una mappa e partite alla scoperta delle spiagge; tutte splendide e tutte ubicate su un solo versante dell’isola. Quello opposto è praticamente inaccessibile murato com’è da altissime pareti di falesia spazzate costantemente dal vento.

Isola dei conigli

Lampedusa tra vip e sbarchi

cala Creta

Partite dal paese (lipuzziano con le sue casette basse e bianche) e costeggiando il porto, salite verso la Guitgia la spiaggia più famosa e affollata dove sono i grandi alberghi e dove Claudio Baglioni – lampedusiano d’adozione –alla fine di ogni settembre fa il suo grande concertone proprio sulla spiaggia.
Andate oltre seguendo l’unica strada presente sulla vostra mappa è sarà tutto uno spalancarsi alla vista di spiaggette mozzafiato: Cala Croce, Cala Madonna, la celebre Isola dei Conigli e Cala Pulcino. Da lì in poi avvicinandosi a Capo Ponente e al parco naturale diventa difficile per le molte grotte e falesie.
Se invece dal centro del paese prendete la direzione opposta, praticamente seguendo la strada per l’aeroporto e circumnavigandolo, eccovi in rapidissima successione a Cala Pisana, Cala Uccello e Cala Maluk.
Le spiagge di Lampedusa sono tutte minuscole anche se in alcuni casi ben attrezzate, ecco perché l’elenco così lungo per un’isola così piccola potrebbe stupirvi.
La spiaggia più famosa è senz’altro quella dell’Isola dei Conigli; là dove aveva casa Domenico Modugno e dove normalmente nidificano le tartarughe Caretta Caretta.
Una spiaggia dove tutti i tuffi in mare sanno di Caraibi che occupa stabilmente posizioni altissime nelle classifiche annuali delle spiagge più belle del mondo e che si lascia sempre alle spalle mete ambite dei Caraibi, del Brasile, di Cuba, delle Baleari, della Grecie e della Thailandia.

Tabaccara

Cosa mangiare

Un pranzo leggero – alla siciliana – per potersi dedicare alla vita di mare anche il pomeriggio. Focacce, panini, ma soprattutto parmigiana di melanzane, bucatini al tonno pinoli e finocchietto; arancini e panzerotti nella rosticceria più famosa dell’isola.
Per l’aperitivo difficile scegliere su quale sofà dei tantissimi bar all’aperto dal sapore mediorientale è meglio sedersi per gustare buffet abbondanti anche con pesce crudo, cozze e insalata di gamberi.
Per cena potete sedetevi ovunque e vi troverete sicuramente bene senza spendere una follia.

Non avrete che l’imbarazzo della scelta fra tutti i ristoranti lungo mare che luccicano a sera riflettendosi sulla baia, ma non disdegnate di andare anche all’interno a cercare un po’ di atmosfera speciale nei ristoranti defilati celati nei caratteristici dammusi.
Sulla tavola lampedusana sua maestà è il pesce, ovviamente.
Bouillabaisse lampedusana, zuppa con diversi tipi di pesce locale, ravioli con ripieno bianco di merluzzo, pregiatissimo lattume, polpo bollito, seppie al pomodoro e piselli, enormi calamari ripieni e soprattutto il tipico cous cous di cernia.

E come souvenir di questo paradiso terrestre cosa scegliere se non i prodotti ittici tipici dell’isola. Famularo – la cui piccola industria è oltre il marciapiede del porto e disponibile per visite – è una firma a livello nazionale e internazionale per la conservazione e commercializzazione di pesce.

Famosi i suoi sughi di pesce, i tradizionali filetti di sgombro, di tonno, di pesce spada; la ventresca e bottarga e molto altro tutti con certificata e riconosciuta naturalità e qualità. I prodotti Famularo sono prodotti solo con pesce fresco ”pescato in nottata e lavorato in mattinata” da mani esperte con punta di coltello e senza uso di prodotti artificiali.

la Guitgia


Da sapere. da non perdere a Lampedusa

– Le cronache parlano di Lampedusa solo per lo sbarco dei migranti. Ebbene, non ne vedrete uno in giro per l’isola, qui tutto è molto ordinato

–  Gli isolani sono così ospitali e abituati a fare i conti con le intemperie del mare che se, non trovate un qualche genere alimentare nei negozi perché il mare grosso ha impedito al traghetto di attraccare, loro senza pensarci su, vi faranno salire in casa e vi offriranno ciò che a voi manca.

– Noleggiate una barca e vivete l’isola dal mare. Esistono posti splendidi dove fare il bagno che dalla terra non potete raggiungere: su tutte la splendida piscina naturale della Tabaccara.

–  Se non vi spaventa un po’ di fatica fisica andate alla scoperta di Cala Galera, affascinante spiaggia ignorata dai turisti perché difficile raggiungibile. É possibile arrivarci o da un sentiero difficilmente individuabile che attraversa due alte pareti di roccia (un po’ lunghetto e vi consigliamo di portarvi dietro un zaino per acqua e generi di conforto) oppure l’alternativa e raggiungerla dall’alto da un sentiero sconnesso (ma con il quad ci arrivate) e poi scendere lungo un ripidissimo sentiero quasi a picco sul mare.
Ne vale la pena: il fondale marino è sassoso e basso per alcuni metri dalla rive e quasi in solitario farete il bagno giocherellando con qualche polpo o i molti pesci che curiosi si avvicinano.


– Da non perdere una visita al Centro di Recupero delle tartarughe
marine Caretta Caretta (in Via Grecale, vicino al supermercato). Una volta a settimana, quelle guarite vengono liberate in mare al tramonto dai volontari. Saprete le date e seguite in silenzio dalla spiaggia l’emozionante ritorno in mare delle tartarughe.

– Attenzione quando chiedete informazioni agli indigeni: qui il punto più lontano da ogni parte è a circa 10 minuti di distanza!.
Il giro di Lampedusa si fa in meno di un ora a piedi. Le concezioni della distanza sono quindi diverse dalle nostre continentali: lontano è 300 metri, tanto tempo per arrivarci è mezz’ora…

 

 

 

 

 

 

Vini del sud: oltre il Sangiovese

[:it]137959630411668di Nadia Fondelli – Una sera di mezza settimana é perfetta per scoprire cose nuove. Così è stato per me quando, con parecchia curiosità sono andata in pieno cento di Firenze in una libreria-caffè-teatro alla scoperta di vini del sud, tutti da scoprire a chi ha un palato molto avvezzo al Sangiovese.

Radici del Sud grande contenitore del food e wine che si celebra ad inizio estate a Bari ha deciso di andare in tournee e portare al nord in questo caso tre autoctoni meridionali: il Negroamaro, il Gaglioppo e l’Aglianico.

Se il primo dei tre è il più noto perché espressione di quel Salento dalle spiagge belle da sempre ma (chissà perché) frequentate da poco, molto incuriosivano gli altri due vitigni.
L’Aglianico vino minerale nella sua eccezione lucana, ma ben diverso fra le cime dell’avellinese e il Gaglioppo espressione di quella Calabria laboriosa che non fugge, ma vive, lotta e produce.

Nicola Campanile, che di Radici del Sud è inventore e mattatore in 11 anni si è dato parecchio da fare per far sapere che i vini si sanno fare bene anche a longitudini meno frequentate.
Nei giorni baresi la vetrina offre infatti molto: dal contatto diretto delle aziende coi buyers, a un concorso alla cieca (finalmente) fino a specifici press tour per la stampa soprattutto estera.

Questo forse l’unico errore; dare troppo per scontato che i colleghi italiani conoscano bene questi vini e le loro storie e tradizioni quando invece, basta guardare nelle enoteche e ristoranti del sud dove sono davvero pochi i degustatori, anche delle grandi guide presenti all’assaggio.

Tornando alla serata fiorentina, dopo un introduzione con dei rosé che servivano per rompere il ghiaccio, ma che invece hanno solo fatto capire come i vini abbiamo bisogno del loro tempo la full immersion ha regalato nuovi saperi.

Il Negramaro, in espressioni diverse di annate (2010 e 2011) e di produzioni (bio e convenzionale) ha piacevolmente colpito con le sue note decise di pepe nero, paglia, cuoio e cannella anche se la struttura in alcuni casi era perfettibile; può risultare fastidiosa l’aggressione alcolica e tanninica al palato alto e alla gola.

Il Gaglioppo molto personale e selvaggio come le selve che profumano di salmastro del cuore di Calabria da cui proviene, ci è parso più leggero nella corposità anche se deciso e personale nel colore; tannini decisi, aromi di caramello, mou e liquirizia.

L’Aglianico infine ha emozionatolo la scrivente, appassionata di vini minerali nella sua espressione lucana dove il Vulture e il suo antico vulcano sprigionano in bocca note superbe di terra e carmello che avvolgono pienamente la bocca con tannini corposi e decisi.
Meno personale, ma più divertente nel gioco degli aromi la versione campana.

In conclusione una serata bella e interessante che fa capire come saper fare vini è arte antica e che il territorio gioca una parte fondamentale nel risultato.
Piacerebbe forse sentire più blend, capire cosa potrebbe uscirne con percentuali di vitigni internazionali, ma la sensazione è che ai sudisti il vino piace così: nudo e puro. A costo di non (com)piacere.

 [:en]137959630411668di Nadia Fondelli – Una sera di mezza settimana é perfetta per scoprire cose nuove. Così è stato per me quando, con parecchia curiosità sono andata in pieno cento di Firenze in una libreria-caffè-teatro alla scoperta di vini del sud, tutti da scoprire a chi ha un palato molto avvezzo al Sangiovese.

Radici del Sud grande contenitore del food e wine che si celebra ad inizio estate a Bari ha deciso di andare in tournee e portare al nord in questo caso tre autoctoni meridionali: il Negroamaro, il Gaglioppo e l’Aglianico.

Se il primo dei tre è il più noto perché espressione di quel Salento dalle spiagge belle da sempre ma (chissà perché) frequentate da poco, molto incuriosivano gli altri due vitigni.
L’Aglianico vino minerale nella sua eccezione lucana, ma ben diverso fra le cime dell’avellinese e il Gaglioppo espressione di quella Calabria laboriosa che non fugge, ma vive, lotta e produce.

Nicola Campanile, che di Radici del Sud è inventore e mattatore in 11 anni si è dato parecchio da fare per far sapere che i vini si sanno fare bene anche a longitudini meno frequentate.
Nei giorni baresi la vetrina offre infatti molto: dal contatto diretto delle aziende coi buyers, a un concorso alla cieca (finalmente) fino a specifici press tour per la stampa soprattutto estera.

Questo forse l’unico errore; dare troppo per scontato che i colleghi italiani conoscano bene questi vini e le loro storie e tradizioni quando invece, basta guardare nelle enoteche e ristoranti del sud dove sono davvero pochi i degustatori, anche delle grandi guide presenti all’assaggio.

Tornando alla serata fiorentina, dopo un introduzione con dei rosé che servivano per rompere il ghiaccio, ma che invece hanno solo fatto capire come i vini abbiamo bisogno del loro tempo la full immersion ha regalato nuovi saperi.

Il Negramaro, in espressioni diverse di annate (2010 e 2011) e di produzioni (bio e convenzionale) ha piacevolmente colpito con le sue note decise di pepe nero, paglia, cuoio e cannella anche se la struttura in alcuni casi era perfettibile; può risultare fastidiosa l’aggressione alcolica e tanninica al palato alto e alla gola.

Il Gaglioppo molto personale e selvaggio come le selve che profumano di salmastro del cuore di Calabria da cui proviene, ci è parso più leggero nella corposità anche se deciso e personale nel colore; tannini decisi, aromi di caramello, mou e liquirizia.

L’Aglianico infine ha emozionatolo la scrivente, appassionata di vini minerali nella sua espressione lucana dove il Vulture e il suo antico vulcano sprigionano in bocca note superbe di terra e carmello che avvolgono pienamente la bocca con tannini corposi e decisi.
Meno personale, ma più divertente nel gioco degli aromi la versione campana.

In conclusione una serata bella e interessante che fa capire come saper fare vini è arte antica e che il territorio gioca una parte fondamentale nel risultato.
Piacerebbe forse sentire più blend, capire cosa potrebbe uscirne con percentuali di vitigni internazionali, ma la sensazione è che ai sudisti il vino piace così: nudo e puro. A costo di non (com)piacere.

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